Maiale. Porco. Quante volte mi sono sentito affibbiare questo epiteto, soprattutto a tavola o nell'approccio al gentil sesso. E tutto sommato non ho mai trovato la cosa particolarmente offensiva. Non per una sorta di masochismo verbale; ancora oggi nell'intimità dell'alcova pretendo che mia moglie mi dia del lei: " prego, si accomodi, venga pure". Ritengo tuttavia che quel nobile ed altruista quadrupede sia vittima di una tanto ingiustificata quanto efficace campagna denigratoria, tanto da diventare l'alimento tabù per eccellenza di molte religioni. Eppure il maiale è stata ed è la colonna portante della nostra alimentazione.
Veniva consumato già in tempi antichissimi come testimonia il rinvenimento di grandi quantità d'ossa di maiale in antiche dimore umane vissute all'età della pietra lavorata. Era considerato dagli antichi un animale tanto puro ed innocente che gli Dei se ne servivano per mandare messaggi agli uomini. Si narra che la stessa Milano ebbe origine grazie a un maiale. Il capo gallico Belloveso infatti ascoltò il responso di un oracolo che gli suggeriva di fondare una città dove avesse trovato un maiale con il corpo coperto solo per metà dalla pelliccia. L'impresa sembrava disperata. Quando fu trovata quindi una scrofa con quella caratteristica, probabilmente sorpresa a metà depilazione - i maiali sono animali molto vanitosi - il capo gallico decise di costruire la sua città in quel luogo e di chiamarla Medhelan, cioè "semilanuta" (medio-lanum).
Nella mitologia greco romana era addirittura elevato al rango di animale sacro a Venere; sarà proprio questo morboso legame con la Dea dell'amore a segnarne per sempre la reputazione. Anche Roma vanta l'intervento di una scrofa nella sua fondazione, forse per una malcelata invidia della capitale verso Milano. Lo stesso Enea avrebbe avuto la profezia che le sue peregrinazioni sarebbero terminate non appena avesse incontrato una scrofa bianca, indicandogli il punto dove avrebbe dovuto fondare la nuova patria. Gli esuli presero a nutrire e venerare il feroce animale, che chiamarono «troia» in ricordo della patria perduta. Se volete testare quanto poco sia rimasto di questa nobile leggenda, munitevi di paradenti e rivolgete lo stesso appellativo alla donna che volete conquistare.
Il maiale continuò a mantenere il suo ruolo di primaria importanza anche nel medioevo dove addirittura i boschi venivano misurati in base al numero di bestie che potevano nutrire. Si legge in una delle fonti a noi pervenute "Il bosco di Alfiano può ingrassare 700 porci", come unica stima che si riteneva utile fornire. Tuttavia il progressivo sradicamento dei simboli pagani da parte della religione cristiana non risparmiò neppure il maiale, ed il suo legame con Venere, simbolo dell'eros, portò alla sua demonizzazione, facendolo diventare metafora di ogni bruttura materiale e morale.
Questo però non scoraggiò l'orgoglioso animale che continuò imperterrito nella sua mansione e ad avere una rilevanza fondamentale sia sulle tavole povere che su quelle nobili. Il maiale ha bisogno di poche cure; non gli servono pascoli immacolati e panorami da cartolina, ma si adatta a qualsiasi situazione. Mangia tranquillamente qualsiasi cosa e tuttavia riesce a metabolizzare i peggiori scarti in prosciutti, culatelli, coppe, salami, lardo, senza neanche pretendere virtuosismi culinari ma solo l'aggiunta di un po' di sale, qualche spezia e l'insaccatura. Oltretutto, per non indurre sensi di colpa nell'uomo che lo deve macellare, ama rendersi sgradevole al suo cospetto, grufolando e rotolandosi nel fango. Ma è solo una recita. Ho visto personalmente gruppi di maiali, ignari di essere spiati, sorseggiare armagnac e discutere di filosofia pre-socratica, comodamente avvolti in vestaglie di seta.
Nelle campagne la macellazione del maiale era una grande occasione di festa e di allegria, solitamente eseguita al termine della stagione delle ghiande, quindi tra novembre e dicembre. La scelta di questo periodo era anche motivata dalla temperatura, dal momento che in inverno la carne si poteva conservare meglio. Tutta la comunità si riuniva ed ognuno aveva un compito ben preciso da svolgere, compreso lo scemo del villaggio che correva da una parte all'altra della corte sbattendo due pentole ed urlando come un ossesso. E' una tradizione che mi è stata tramandata dai miei avi e che ancora oggi non manco di onorare quando si taglia un salame. Come ben sappiamo, del maiale non si buttava via niente, sangue compreso, e non solo per uso alimentare. Lo testimonia la lettera a Tommaso Moro che introduce l' "Elogio della follia" di Erasmo da Rotterdam. Il quadrupede avveduto lascia ogni parte di sé a diversi destinatari: "a' pittori tutti i miei peli per far pennelli", "le mie ossa a' giocatori, per far dadi da giocare", e "agli hortolani le mie unghie, da ingrassar terreno per piantar carotte".
Il maiale insomma ha delle qualità e una nobiltà davvero invidiabili. Se dovesse capitarvi che qualcuno vi definisca in quel modo, non sentitevi a disagio, ma emettete un sonoro oink e guardatelo con disappunto. O, in alternativa, caricate il vostro destro ed abbattetelo, come faceva la celebre miss Piggy.
l'elogio del maiale (sempre fante)
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