
SINOSSI
Mara Abbiati, scultrice di grandi gatti in pietra, e suo marito Craig Nolan, famoso antropologo inglese, hanno una piccola casa di vacanza vicino a Canciale, paesino ligure arrampicato tra il mare e l'Appennino. Un mattino d'estate Craig sale sul tetto per controllare da dove sia entrata la pioggia di un temporale estivo, e ci cade attraverso, quasi spezzandosi una gamba. Alla disperata ricerca di qualcuno che gli aggiusti la casa, vengono in contatto con Ivo Zanovelli, un costruttore con molte ombre nella vita. Nel corso di pochi giorni di un luglio incandescente l'equilibrio già precario di ognuno dei tre si rompe, e fa emergere con violenza dubbi, contraddizioni, desideri fino a quel momento dormienti. In "Cuore primitivo", il suo diciottesimo romanzo, Andrea De Carlo utilizza le tecniche di spostamento della prospettiva sviluppate in "Giro di vento", "Leielui" e "Villa Metaphora, per raccontare a capitoli alterni le ragioni dei tre protagonisti in tutta la loro complessa, incontrollabile verità.
COMMENTO
Come per Villa Metaphora, anche per questo ultimo romanzo De Carlo utilizza la tecnica di spostamento di prospettiva. Ogni capitolo è quindi affidato, di volta in volta, ai tre protagonisti di questa storia.
Villa Metaphora però era nuovo, fresco, vivamente allegro e divertente.
Un De Carlo inedito, intrattenitore, giocoliere.
Mi sono divertita tanto, a leggere quel voluminoso libro.
Con Cuore Primitivo mi pare che si torni un pochino indietro sia come stile (simile a Giro di Vento) che come temi trattati (l'indiscutibile fragilità del rapporto uomo-donna e, più nello specifico, nel rapporto matrimoniale).
Il punto di forza, come sempre accade leggendo questo autore, sono i personaggi e la loro incredibile capacità espressiva. Bastano pochissime pagine, a De Carlo, per farci capire cosa ci vuole dire e come ce lo vuole dire. I personaggi escono letteralmente dalle pagine del romanzo, ci ammiccano, diventano parte della nostra casa, stereotipi ma anche realissimi.
A lui piacciono le donnedonne, quelle vere, quelle che tengono i piedi per terra, quelle solide e robuste. Maia è una di quelle, scultrice affermata sposata con un uomo tutto cervello e zero praticità; uno di quelli che ti scrive un trattato di antropologia ma poi non sa andare a comprare un chilo di pane in paese.
Lei italiana, lui inglese. Lei pratica e primitiva, lui intelletto e ragionamento.
Sposati e ormai abituati, ormai annoiati senza saperlo.
Una casa immersa nella liguria più antica, poca gente e diffidente.
Qualcosa turba l'equilibrio (qualcosa succede sempre, no?) e arriva Ivo. E niente in Ivo colpisce. Fisicamente, se non altro. Ivo non attira (o almeno non ha attirato me) perché è qualcosa di grezzo, di non costruito, di non educato. Maglia smanicata, tatuaggi, capello lungo e prosumibilmente oltre i 45.
Adesso sono quindi in tre, i nostri protagonisti. In tre in luogo troppo stretto e troppo pericoloso in cui ognuno dei tre riuscirà a ricavarsi un nuovo spazio e nuovo tempo e nuovi pensieri.
Un finale che vorrebbe essere un colpo di teatro ma che in realtà è comprensibile sin da subito, perché De Carlo ama tutto ciò che non è convenzionale, e ormai lo abbiamo capito.
In definitiva... come dire. Posso consigliarlo a chi non conosce benissimo questo autore, che merita (a mio parere) grande rispetto.
Meno consigliato agli appassionatissimi, perché rischiano di trovarsi davanti a un paio di delusioni.