inizia con il racconto prima spensierato poi disperato di una partoriente di oggi che si affida all'ospedale per dare alla luce il suo bambino e con un piccolo e semplicissimo ma geniale "colpo di scena" ci trasporta in un tempo in cui la nascita era una faccenda di puerpere, parenti (anche gli uomini, quegli stuipendi esseri misteriosi... come ci descrive la musso), comari (come venivano chiamate le ostetriche condotte nel nord italia, e forse anche nel resto d'italia) e solo in caso di emergenza dottori e ospedali.
la seconda di copertina descrive la musso come "veloce come la sua ombra nel cambiare personaggio" ed è vero.
la moltitudine di espressioni e toni di voce dell'attrice ci mostrano cento madri e cento situazioni diverse ma soprattutto ci fanno rivivere le piccole e grandi gesta e i piccoli vizi e le grandi virtù delle comari.
personaggi dotati di carisma e grande potere nella cultura contadina dello scorso secolo e persone dotate di grande cuore e intelligenza che forse mancano troppo spesso oggi in un momento veramente importante della vita di una famiglia (non v'offenderete mica se lo considero importante anche io, e lo considero importante anche per sveva no?

la frase che mi è rimasta impressa: "queste sono le mani sulle quali sono atterrati tutti i bambini quando sono venuti al mondo".
splendido, poetico, religioso.
saluti commossi
Mirko