Non riesco a capire dove sto sbagliando

Per parlare dei più piccoli, da 0 a 5 anni
Silvietta
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Post by Silvietta »

Bibi, ho letto appena hai postato ma davvero a me, appena sento parlare di psicologhi infantili (dov'è Raffa? Aahahah), si accappona la pelle.

Per cui lascio la parole alle altre.
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Post by Fede »

ma è stata pubblicata la risposta di Daniela?
ok vado a vedere :)
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Post by Fede »

riporto qui la risposta di Daniela così possiamo continuare a parlarne
ti va bene Bibi?

Cara Barbara, io posso dirti che l'ansia da separazione che manifesta così apertamente la tua bimba è caratteristica di molti bambini che durante il loro percorso evolutivo o non hanno perfettamente sperimentato un modello di attaccamento alle figure genitoriali definito "sicuro" (la famosa "base sicura" di cui parla Bowlby) o hanno vissuto una perdita o un allontanamento da loro vissuto come un lutto doloroso difficile da elaborare.
Si parla, infatti, di disturbo d'ansia da separazione nei bambini che manifestano uno stato ansioso eccessivo quando devono separarsi da qualcuno (a volte qualcosa) a cui sono profondamente legati: di solito, ovviamente, si tratta della madre. Tale stato ansioso appare inadeguato sia al livello di sviluppo psicocomportamentale raggiunto dal bambino in quel momento sia alla causa che lo ha provocato e compare quasi sempre prima dell'età scolare. I bambini hanno un comportamento perfettamente normale quando sono in presenza della mamma o di un'altra figura primaria di attaccamento, ma vengono sopraffatti dall'ansia quando si devono separare da essa. Quest'ansia poi si manifesta in vario modo a secondo del carattere di base del bambino e dell'età: rabbia e strilli nei più piccoli ed estroversi, tristezza, depressione e sintomi psicosomatici nei più grandicelli e più introversi.
A volte i bambini, oltre al categorico rifiuto di staccarsi anche proprio fisicamente dalla madre, possono manifestare paure irragionevoli nei confronti della loro e dell'altrui incolumità (paura di ammalarsi lontano dalla mamma, paura che la mamma stessa vada incontro a pericoli vari quando il bimbo non le è vicino). Possono sopragiungere incubi notturni o difficoltà ad addormentarsi nella loro cameretta da soli con conseguente ricerca del lettone e del contatto fisico con il o i genitori. I bambini con ansia da separazione, lontani dalla loro casa o dalla loro mamma possono essere tristi lamentosi e inappetenti, quando non addirittura presentare vomito e mal di testa. I più grandicelli vorrebbero sempre telefonare ai loro genitori e sono malinconici e depressi.
Il disturbo d'ansia da separazione non è raro che compaia dopo un evento vissuto come stressante dal bambino anche senza l'allontanamento di uno dei genitori: non solo può comparire, infatti, dopo l'allontanamento della madre o del padre per la ripresa dell'attività lavorativa o per la partenza o il ricovero di uno dei due, o la morte di un nonno o persino di un animale domestico, ma anche per un radicale cambiamento di vita, come per esempio il cambio di scuola, o di città, o di casa con conseguente abbandono della casa o della cameretta alla quale il bimbo era affezionato. Ma per essere decisamente classificato come disturbo d'ansia da separazione deve durare alcune settimane almeno e, in un certo senso, modificare il carattere o le abitudini del piccolo: scarso interesse per i giochi che abitualmente lo entusiasmavano, scarso rendimento scolastico, scarso appetito in un bambino di solito goloso e buona forchetta, ecc.
I bambini che soffrono di questo disturbo sono solitamente sensibili, intelligenti, inseriti in famiglie molto affettive e unite: sono bambini, insomma, che hanno ricevuto e ricevono molto affetto ma che sono ancora molto dipendenti dalle figure di accudimento (solitamente la madre). Sono bambini coscienziosi e definiti "bravi", molto desiderosi di ricevere complimenti e lodi per quello che fanno: spesso definiti conformisti e altrettanto spesso figli unici. Sono bambini che possono sembrare anche viziati per la frequente presenza importante dei nonni nella loro educazione, ma non è sempre così. Nonostante questo abbondante bagaglio di affetto sono però bambini che, indipendentemente dalla loro età, hanno mal elaborato o stanno riuscendo con difficoltà ad elaborare una esperienza da loro vissuta come una perdita od un lutto. Nel tuo caso potrebbe trattarsi del cambio recente di abitazione o della ripresa del lavoro dopo un periodo di vacanza trascorso sempre con la piccola, ma non conosco abbastanza la tua storia e la storia della tua bimba per potermi sbilanciare.

Se la binba, tra una crisi di pianto e rabbia e l'altra, non presenta alterazioni particolari del suo consueto comportamento, ti consiglio un atteggiamento di attesa per alcune settimane, diciamo per tutto il mese di settembre. Durante questo periodo falla parlare, giocare, disegnare e cerca di capire cosa la turba. Non cercare però di tranquillizzarla perché non servirebbe a nulla. Se invece la bimba, sempre tra una crisi di pianto e l'altra, manifesta alcuni anche minimi disturbi alimentari, disturbi del sonno, incubi, difficoltà ad addormentarsi da sola o altri segni di apparente regressione comportamentale, la figura dello psicologo saprà certamente essere più esaustiva di me. Se hai sbagliato in qualcosa e dove hai sbagliato non sono proprio in grado di dirlo, non ti conosco abbastanza. Non credo però si tratti di errore: forse una serie di circostanze che si incontrano e si sommano in certi momenti della vita che possono essere frustranti, ansiogene o penose, in ogni caso difficili o faticose da sopportare e da elaborare e che i bambini non hanno ancora gli strumenti psicologici per metabolizzare con quella forza e quella risolutezza che un adulto, ob torto collo, con dolore e con fatica è obbligato a sviluppare. Non drammatizzare quindi, e soprattutto non colpevolizzarti: si cresce solo attraverso il superamento di ostacoli pene e frustrazioni e non certo in un bagno perenne di facilitazioni e coccole. Queste ultime aiutano a sviluppare fiducia nel mondo, nella vita e nel prossimo, e di conseguenza fiducia in se stessi, ma i muscoli, fisici o psicologici che siano, si coltivano solo con le difficoltà e con i dolori. Purtroppo nemmeno i bambini sono esentati. Un caro saluto, Daniela
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