Posted: Wed Jan 30, 2008 9:16 pm
Rossana wrote:Da quando ho lavorato come commessa, ho sempre pensato che la cosa migliore, in questo lavoro, fosse la gentilezza.
Trovo ridicole le richieste da parte dei titolari di negozi di sola 'bella presenza',
tanto più che non è solo questa che ti farà vendere.
Certo, se nelle richieste inserissero di tanto in tanto la condizione "simpatica" e, soprattutto, "educata", sarebbe già un altro mondo.
E infatti non lo è.
Così capita di entrare in un negozio e di non ricevere neppure risposta al saluto di entrata.
Generalmente, io tento la seconda strada. Risaluto.
A volte funziona, a volte proprio no.
A quel punto, desisto. Una veloce occhiatina, ed esco.
Quando sono in vena, non mi lascio abbattere da una commessa poco propensa al buongiorno.
Mi auguro che ce ne sia un'altra, spero presto al posto suo, che sappia accogliermi con un sorriso.
Spesso, però, si intrufola la fregatura.
La commessa, in un altro negozio, di primo acchito saluta, poi scompare nei meandri di una conversazione con qualche altra cliente, probabilmente amica.
In quei casi, generalmente, tendo a sentirmi piuttosto fortunata, perché ho la possibilità di girare senza essere braccata, e approfitto della piacevole distrazione delle due.
Magari giro per qualche minuto, poi mi accorgo che non trovo quello che stavo cercando.
A quel punto, timidamente, cerco con gli occhi la commessa ciarliera.
Lei mi vede ma continua a chiacchierare.
Allora, mi metto rispettosamente in seconda fila, aspettando che abbia finito l'importantissimo discorso che sta facendo.
Non è difficile appurare quando non è giornata per essere ascoltati.
Infatti, se la commessa del vostro caso aprirà un altro discorso, pur vedendovi fermi educatamente ad aspettare, non avrete chances.
In genere allora mi faccio avanti, sollevando nell'87% dei casi, un sopracciglio molesto nella commessa di cui sopra.
Se quel sopracciglio avesse i sottotitoli, direbbe "che vuole questa?" o frasi simili, non trascrivibili elegantemente.
Forte del fatto che anch'io ho svolto quel lavoro, e ho incontrato clienti a volte decisamente noiosi, le offro solidarietà, anche se non ci conosciamo affatto.
Le sorrido.
Di fronte alla mia domanda, peraltro incompleta, ricevo risposte variabili,
tutte però catalogabili sotto l'elenco "Non stressare."
Non resta che abbandonare il negozio, privi di acquisto.
Se una persona, non necessariamente pessimista di natura, crede di essere stata poco considerata in quella situazione,
non ha ancora conosciuto la reale risorsa delle commesse insoddisfatte.
La stronzaggine totale.
Se a malapena riesci a strappare con un debole intento un saluto, non devi sentirti a cavallo.
E' probabile che la commessa abbia già detto tutto quello che voleva dire al suo cliente.
Di fronte alla più normale delle richieste, la commessa tira fuori dal cappello il prodotto che realmente vuole rifilarti.
C'è qualcosa che non ti convince, vorresti vederlo sotto un'altra luce, magari proprio un altro oggetto, nel caso in cui ci fosse...
(sguardo interrogativo rivolto alla proprietaria della soluzione dei tuoi problemi)
Questa, nell'ordine:
a) Sbufferà
b) Fingerà di non avere altro
c) Insisterà sull'acquisto del prodotto da lei consigliato
d) Comincerà a chiedere alla sua collega come potrebbe vestirsi la sera stessa, in previsione di un'uscita, ridendo sguaiatamente in vista dell'uscita stessa
e) Masticherà rumorosamente
f) Occhieggerà spesso verso l'uscita, facendoti capire che ci sono alcune porte che è bene che tu prenda.
(Generalmente scelgo la f. Bella lettera.)
A volte invece desidero semplicemente un buon cappuccino.
Niente di meglio che un buon cappuccino, anche i piedi, va bene lo stesso.
Lo ordino chiedendo per favore, ricevendo un amaro bofonchiare.
Suppongo, senza pregiudizio alcuno, che la commessa abbia mal di gola.
Dal momento in cui mi consegna altezzosa la tazza, a quando chiede di essere pagata guardando oltre la mia persona, fissando un punto imprecisato del soffitto, non passano che pochi centesimi di secondi.
In quel brevissimo lasso di tempo, però, mi rendo conto che la ragazza ha la voce.
Non fossilizziamoci, probabilmente è di cattivo umore...
Entro in comune per chiedere un modulo da compilare. C'è la coda allo sportello.
A giudicare dalle facce seccate e sconsolate, temo che dovrò aspettare a lungo.
Dato che ho semplicemente bisogno di un foglio -che compilerò a casa- decido di farmi avanti e chiedo alla signora addetta allo sportello, se può gentilmente allungarmi il modulo.
Mi fa un cenno stizzito come per dire taci.
Retrocedo un minuto.
Riformulo la domanda in un momento di maggiore calma.
La risposta è la stessa.
Non ha tempo per seguirmi, e lo dice con voce stridula, quasi a rimproverarmi del caos in cui lei stessa si è infilata.
Noto che le facce della gente in coda si muovono tutte nella mia direzione, con fare solidale.
Alzano gli occhi, scuotono la testa.
La signora finisce di sbrogliare la matassa in cui era invischiata e mi si rivolge brusca
"cos'è che voleva lei?"
Ottengo il mio modulo.
Saluto.
Non sento risposta.
Forse è la norma, comincio a convincermi.
In posta, poi, c'è sempre un mondo di gente rassegnata.
Appena entri, riconosci immediatamente la pensionata che è lì da almeno un'ora, stanca, sfatta sulla sedia dura.
La coda è pressoché un classico, difficile scamparla.
Quando tocca a te, senti già il sudore nella schiena incollarsi alla maglia, sotto il cappotto.
Capisci perché le impiegate di solito indossano jeansetti estivi a dicembre e pulloverini ammiccanti.
Appoggio il pacco che devo spedire sul banco dell'accettazione.
L'impiegata si accerta che io abbia già compilato tutto in maniera chiara, strappandomi il foglio dalle mani.
Pare che non abbia calcato abbastanza la scrittura, perché il settantunesimo foglio del pacco celere risulta illeggibile.
Mi informa in questo pacatissimo modo: "Certo che se me lo compila così male, cosa devo fare io? Non si legge niente! Tutti io, gli imbranati!"
Quest'ultima frase la sibila, ansimando.
Le mani mi consiglierebbero un gesto netto, di precisione, ma le tengo a bada.
Mi ripassa il foglio da calcare e intanto, affettuosamente, mi invita a farmi da parte:
"Se si leva, io faccio passare altre persone, così non sto qui tutto il giorno dietro al suo pacco!"
Confesso che l'ufficio postale è quello che finora mette più a dura prova i miei nervi.
E non solo perché la signora in questione ha una predilezione per i trentenni brillanti, facendoli passare avanti rispetto alle donne incinte.
Quella, è solo la punta dell'iceberg.
Nella classifica delle maleducate che non scendono mai dal podio, c'è da anni una signora -a cui auguro di tutto cuore la pensione anticipata- che ama maltrattare i corrieri, rei di portare la roba al suo negozio.
Sembra quasi che si sia ritagliata un ruolo e lo metta in scena benissimo.
Voglio credere che sia così.
Una lunga, immensa recita.
E' un ruolo che però piace a tanti.
Infatti, nella stessa giornata, a volte, non so a chi dare il premio.
Nei grandi supermercati, vale la regola del non parlare con il cliente alla cassa, si perde tempo.
A questo, sono arrivata considerando che la metà delle cassiere, nella stragrande maggioranza dei casi, fatica a rivolgere un sorriso.
Guai a Dio se mostrasse una gengiva, potrebbe perdere il posto di lavoro.
Così, per pietà, spesso fingo proprio di non aver capito che è una persona anche lei. Come me.
La sbircio appena, mentre ritira frettolosa i miei soldi senza proferire parola e passa immediatamente alla cliente successiva.
So che è un meccanismo di robotizzazione che non ha deciso lei, a cui è costretta!
Libero lo spazio ad una nuova cliente, che riceverà il suo scontrino senza un saluto, ma avrà in cambio un grugnito di volta in volta diverso. A volte più acido, a volte quasi indifferente.
Io non ho ancora scelto qual è il mio preferito.
Li colleziono, ognuno ha una tonalità diversa.
Solo che non è una collezione unica,
sembra che molti l'abbiano uguale alla mia.
Uffa.

io ,da quando sono dall'altra parte del bancone, cerco di comprendere un pochino di più la categoria.
anche se preferisco sempre più interagire coi quattrozampe che con certi clienti al limite del patologico!