Posted: Tue Sep 13, 2011 11:43 pm
Allibita wrote:Ah ma scrive direttamente lei in italiano?
Mica lo sapevo!
Dai allora è un pò perdonata!
Questo è quel che dice lei stessa rispondendo a domande a riguardo:
Molte le domande che vengono poste alla signora, alcune delle quali di carattere molto personale, alle quali l’ospite non esita a rispondere. La prof.Rigotto, insegnante di tedesco del nostro istituto, chiede perché Helga scriva tutti i suoi libri in italiano, non utilizzando la sua lingua madre, il tedesco. Helga spiega che ha perso l’abitudine del tedesco e che l’italiano le è più facile da usare perché per lei è la lingua che riguarda l’affettività. Arrivata in Italia ha conosciuto la famiglia del futuro marito, che l’ha accolta e l’ha fatta sentire a casa come non le era mai successo.
[size=-1]Lei, per anni, ha quasi rifiutato la sua lingua materna. Come è potuto avvenire?[/size][INDENT]L[size=-1]a lingua materna non si può dimenticare perché ce l'abbiamo nel sangue, fa parte di noi, è nei nostri geni. Quando sono venuta in Italia, dove mi sono sposata, ho deciso di chiudere con l'Austria, paese che non mi ha dato nulla. Sono stata in conflitto sia con mio padre che con la sua seconda moglie che non mi ha mai accettata, tanto che mi hanno fatto crescere in collegi, e per questo ho maturato del rancore nei confronti di mio padre, pur amandolo molto. Mio padre era un bravissimo disegnatore, uno scrittore, un uomo intelligente, di cultura, ma io non l'ho potuto godere, e in Austria sono stata costretta a cavarmela da sola: ho studiato e ho lavorato nelle birrerie per mantenermi agli studi, come facevano molti studenti. D'estate ho posato come modella in vari studi fotografici sempre per arrotondare lo stipendio. A Salisburgo c'era Kokoschka che insegnava all'accademia e ho posato per lui, ho fatto tutti i lavori possibili, ho condotto una vita un po' bohemienne, mi sono arrangiata da sola, ma sempre col rancore di non avere una madre e di non avere in pratica neanche un padre. L'Austria non mi ha dato nulla se non fatica e sofferenza. Con la Germania avevo già chiuso da un pezzo perché Berlino mi aveva tolto tutto, e prima di tutto l'infanzia, anche se in realtà non è la città che mi ha colpito ma la situazione politica e familiare. [/size][/INDENT][size=-1]Così ha scelto la lingua italiana.[/size][INDENT]M[size=-1]i sono gettata letteralmente sulla lingua italiana e, negli anni Settanta, ho cominciato a scrivere per alcuni giornali italiani (non solo per Il resto del Carlino, ma anche per varie testate regionali), perché mi piaceva molto il giornalismo. Alcuni anni dopo ho iniziato a scrivere dei romanzi in italiano e poi ho fatto una cosa strana: ho evitato di parlare con gente che parlava tedesco. Ad un certo punto mi sono spaventata e mi sono accorta che non riuscivo a parlare più in tedesco. La prima volta in cui ho parlato con una austriaca mi sono accorta che non riuscivo a parlare, cercavo le parole e mi esprimevo in italiano. Era solo una rimozione, però è anche vero che dal '63 fino a tre anni fa non ho più parlato tedesco. Quando Il rogo di Berlino fu acquisito da un editore tedesco mi chiesero naturalmente se volevo tradurlo io stessa e risposi di no, chiedendo solo di fare la supervisione; ho continuato a leggere in tedesco, però per me formulare frasi intere è diventato difficile. Ieri ho parlato con la nipote di un personaggio molto vicino a Hitler e mi sono scusata più di una volta perché inciampo su molte parole. Ho recuperato in parte la mia lingua grazie a una mia cugina, che vive in Germania, e tornando in quel paese mi accorgo quasi di giorno in giorno che sto recuperando l'uso del tedesco. È un po' come andare in bicicletta... [/size][/INDENT]