Parigi, oltre al dolore, proviamo a riflettere insieme su cosa sta succedendo?

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micmar
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Re: Parigi, oltre al dolore, proviamo a riflettere insieme su cosa sta succedendo?

Post by micmar »

Non ne sono convinta Paola, non credo che barricarsi possa bastare. Sono state compiute sicuramente delle leggerezze ma io credo ancora nell'integrazione, nella cultura, sono le basi della mia esistenza e del mio lavoro.

Vi posto qui una vignetta che ha postato mirkaccio
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Paola
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Re: Parigi, oltre al dolore, proviamo a riflettere insieme su cosa sta succedendo?

Post by Paola »

micmar wrote:Non ne sono convinta Paola, non credo che barricarsi possa bastare. Sono state compiute sicuramente delle leggerezze ma io credo ancora nell'integrazione, nella cultura, sono le basi della mia esistenza e del mio lavoro.

Vi posto qui una vignetta che ha postato mirkaccio
Michi proprio perché io credo nell'integrazione credo che vada fatta repressione verso chi è in odore di terrorismo, che non deve integrarsi.
In questo mi piacerebbe come a Nat una presa di posizione NETTA di tutti gli IMAM come ha fatto quello del CAIRO stamattina.
Chi è in odore di terrorismo va scomunicato (o roba del genere), e deve lasciare il paese che lo ospita immediatamente.
Oui, Je suis Zizzià.
Trilli
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Re: Parigi, oltre al dolore, proviamo a riflettere insieme su cosa sta succedendo?

Post by Trilli »

Sembrerà un OT ma non lo è.
Ho appena finito di leggere i risultati dell'ultimo invalsi, quello di terza media.
I ragazzi stranieri di seconda generazione (che qui da noi sono 70% mussulmani) hanno prestazioni molto più basse, ma di un 20-30%, rispetto ai coetanei italiani. Ciò inevitabilmente si riflette sulle loro scelte scolastiche e sulle opportunità professionali. Metteteci questo, metteteci la diffidenza che respirano intorno a loro (se non l'odio), che sfocia spesso in insulti tipo "negro di merda, torna al tuo paese" (sentita nella mia scuola, verso un marocchino di seconda generazione reo di aver reagito al furto del diario)...
Ecco, questi ragazzi non sono davvero integrati. Non lo sono le loro madri, col capo coperto. Non lo sono i loro padri, con le loro vecchie station wagon.
Stanno in un limbo, dove noi li abbiamo collocati, alfabetizzandoli e poi dimenticandoci di loro.
Accettandoli solo se ci fanno dimenticare di essere stranieri, vestendosi all'occidentale e mandando i figli a giocare all'oratorio.
Ma l'oratorio (meritorio che possa essere) non è uno spazio comune, neutro. Mi ci sentivo spaesata io, immagino il senso di straniamento che possono provare loro.
È un gap, un divario misto a disagio, sul quale l'integralismo può far presa con una certa semplicità.

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