Insomma, mi scuso con voi per aver proposto questo libro, che all'inizio mi aveva turbata ma affascinata, e alla fine mi ha solo offesa per la presunzione e lo svilimento del ruolo del genitore.
E' una provocazione intellettuale di cui forse si poteva fare a meno, anche perché non oso pensare a quale "vulgata" di questa teoria possa circolare e dar luogo a riprovevole menefreghismo (il punto 5 non mi pare sufficiente).
Inoltre, pur se da profana, mi resta la sensazione che sia proprio sbagliata nell'argomentazione, perché, spiacente per la saccente dottoressa Harris, ma a questa domanda di Gwen, che è anche la mia sin dalle prime righe del saggio
Gwen wrote:cioè fammi capire, in questo libro si dice che contano SOLO geni e ambienti e PER NIENTE il comportamento educativo dei genitori?

non fornisce una risposta degna.
Se la sua "teoria della socializzazione di gruppo" potesse essere intesa come: le norme del vivere sociale sono trasmesse più dal gruppo dei coetanei che dai genitori, potrei anche trovarci del buono, e un ancoraggio all'esperienza (ok, la mia limitata esperienza di occidentale contemporanea).
Ma nel momento in cui fa il passaggio da: coetanei che trasmettono le norme sociali -> coetanei che determinano
in toto il carattere, e genitori che non contano alcunché, passa dalla teoria al DOGMA indimostrato, non meno odioso delle versioni estreme del dogma dell'allevamento (=è sempre e solo colpa dei genitori).
Infatti, alla stessa norma sociale trasmessa dai coetanei, ci possono essere reazioni diversissime del bambino/ragazzo.
Lei dice: a quel punto la differenza la fanno i geni.
A me pare più plausibile dire: sono ANCHE i genitori, intesi come fattore dell' "ambiente".
Le prove che porta l'autrice secondo me sono solo un ammasso di: ingiurie agli accademici (e a Freud, e per buona misura pure al povero William Golding), critiche a studi di psicologia che, così a occhio, sembrano proprio offrire tutto e il contrario di tutto all'aspirante manipolatore di dati ansioso di dimostrare il suo dogma, nozioni antropologiche e storiche (se permette la Harris, mi fa piacere aver migliorato un tantino l'approccio alla genitorialità rispetto all'uomo preistorico, o anche solo rispetto all'800), infine richiami all'apprendimento della lingua da parte dei figli degli immigrati, che possono tranquillamente trovare una diversa e più tradizionale spiegazione, che nulla ha a che fare con il tema del saggio.