
Jamie Ford[/center]
Ho cercato ma non mi sembra ci siano altre recensioni, pubblico la mia, nel caso ci fosse già picchiatemi.
Sinossi:
Seattle. Nella cantina dell’hotel Panama il tempo pare essersi fermato: sono passati quarant’anni, ma tutto è rimasto come allora. Nonostante sia coperto di polvere, l’ombrellino di bambù brilla ancora, rosso e bianco, con il disegno di un pesce arancione. A Henry Lee basta vederlo aperto per ritrovarsi di nuovo nei primi anni Quaranta. L’America è in guerra ed è attraversata da un razzismo strisciante. Henry, giovane cinese, è solo un ragazzino ma conosce già da tempo l’odio e la violenza. Essere picchiato e insultato a scuola è la regola ormai, a parte quei pochi momenti fortunati in cui semplicemente viene ignorato. Ma un giorno Henry incontra due occhi simili ai suoi: lei è Keiko, capelli neri e frangetta sbarazzina, l’aria timida e smarrita. È giapponese e come lui ha conosciuto il peso di avere una pelle diversa. All’inizio la loro è una tenera amicizia, fatta di passeggiate nel parco, fughe da scuola, serate ad ascoltare jazz nei locali dove di nascosto si beve lo zenzero giamaicano. Ma, giorno dopo giorno, si trasforma in qualcosa di molto più profondo. Un amore innocente e spensierato. Un amore impossibile. Perché l’ordine del governo è chiaro: tutti i giapponesi dovranno essere internati e a Henry, come alle comunità cinesi e, del resto, a tutti gli americani, è assolutamente vietato avere rapporti con loro. Eppure i due ragazzini sono disposti a tutto, anche a sfidare i pregiudizi e le dure leggi del conflitto. E, adesso, quarant’anni dopo, quell’ombrellino custodisce ancora una promessa. La promessa che la Storia restituisca loro la felicità che si meritano.
Un romanzo d’esordio che ha sorpreso e incantato, rivelandosi un fenomeno editoriale unico. Uscito in sordina negli Stati Uniti, ben presto ha scalato le classifiche di tutto il paese e ha venduto migliaia di copie solo grazie al passaparola dei lettori. Ambientato durante uno delle epoche più buie e dolorose degli Stati Uniti, Il gusto proibito dello zenzero è una storia indimenticabile e commovente di speranza e determinazione, di abbandono e di rimpianti, di lealtà e coraggio che esplora la forza eterna e immutabile dell’amore.
Allora. Traduzione idiota del titolo, che in inglese suona Hotel on the corner of bitter and sweet, con il gioco di parole tra dolce e amaro si perde totalmente per un proibito che pare un aggettivo da letteratura hot.
È bellissimo.
Una storia d'amore adolescenziale sullo sfondo della seconda guerra mondiale, ambientata nella Seattle degli anni '40, descritta con precisione (derivante,pare, da sopralluoghi veri dell'autore che disegnava i luoghi nel suo album per poi poterli descrivere accuratamente). Un ragazzino cinese figlio di genitori nazionalisti, che si innamora di una ragazzina giapponese, considerata il nemico dai suoi, che boicotteranno la loro relazione. Due ragazzi che si avvicinano in quanto si sentono non più cinesi o giapponesi ma americani; ma a cui la nuova patria offre un razzismo a volte strisciante, a volte esplosivo, che non risparmia nemmeno il cinese che pure è alleato di guerra. I giapponesi,invece, vengono alla fine internati in campi di custodia (fatto realmente accaduto,ovviamente con sistemi più umani dei lager nazisti, ma in pratica pur sempre una deportazione di massa di cittadini che si definiscono americani, anche se solo di seconda generazione). E da qui la sensazione per i nuovi americani,di essere doppiamente stranieri, sia nella prima che nella seconda patria.
Libro meritevolissimo, per tre motivi: la storia d'amore trattata in punta di piedi,senza melensaggini inutili; l'inquadramento storico e la riproposizione di un tema (la deportazione forzata dei nippoamericani in luoghi sicuri, lontani da punti strategici, in modo che eventuali spie o terroristi non potessero danneggiare obiettivi sensibili) passato parecchio sotto silenzio da stampa e media, e pressoché sconosciuto in Europa; la sottile analisi dello stato d'animo dell'immigrato, visto comunque con timore, attualissimo se si pensa alla paura dell'islam dopo l'11/9 e alle difficoltà di integrazione della seconda generazione,che non è né carne né pesce, né straniera né connazionale.
Lo consiglio vivamente, è stata una scoperta casuale ma graditissima.