Due storie di allattamento - the end a pag 2
Posted: Sun Dec 17, 2006 8:41 am
Alessandro: una cronaca felicemente conclusa
Scritto nel marzo 2005
E' stato meraviglioso.
E' stato naturale.
E' costato fatica, talvolta (grazie LLL!), ma è stata un'esperienza unica.
Vi lascio la mia testimonianza... anzi, la NOSTRA, mia e di Alex, ora 27 mesi, che quando è venuto il momento si è staccato da solo dal mio seno.
Maggio 2003
(Una sorpresa in serbo per la neomamma scettica)
Al corso preparto mi chiedono quali sono le mie aspettative verso l’allattamento. Circondata da esempi poco confortanti, rispondo senza troppo entusiasmo: un lavoraccio, ma qualcuno deve pur farlo e al neonato giova, almeno così dicono i medici. Se non dovessi riuscirci, sono venuta su benissimo a latte artificiale, e comunque che orrore i bambini grandi che poppano, appena il mio compie sei mesi, smetto!
Sono diventata un’esaltata dell’allattamento prolungato.
Morale: mai dire mai, la realtà a volte ci coglie di sorpresa e l’istinto passa come un caterpillar sulle tiepide considerazioni razionali.
Giugno 2003
(Il richiamo della foresta)
Alex nasce con TC, la montata lattea si fa desiderare. Il peso del bimbo è calato troppo, e al terzo giorno mi prospettano il latte artificiale. Stando alla mia opinione al corso preparto, dovrei tranquillizzarmi e passare al biberon. Invece, colpo di scena! La montata lattea mi viene proprio in quell’istante. E’ un capogiro, vampate di caldo, sete peggio che nel deserto del Sahara, pulsare del sangue alle tempie. Insieme al latte, non so cosa mi succede. Travolta dagli ormoni, io che sono d’indole così mite, aggredisco pediatra e puericultrici urlando che mio figlio non avrà una goccia di latte artificiale. Loro, allibiti, dicono che è meglio per la sua salute dare una giunta. Io rifiuto. Insistono. Sperano di scoraggiarmi obbligandomi alla doppia pesata, che significa trascinarmi avanti e indietro per un corridoio infinito dieci volte al giorno, dolorante per l’operazione, avendo come meta la bilancia del nido e addosso l’ansia da prestazione. Pur di evitare il biberon, accetto. Lotto come una leonessa, allatto come una mucchina, mi sforzo di tenere in camera di notte il cucciolo, che per giunta è pigro nel ciucciare, e alla fine: vittoria! Il peso risale. Lo allatterò io!
Giugno 2003-gennaio 2004
(Solo latte di mamma)
Nell’idillio della simbiosi con Alex, mi cullo felice nei mesi dell’allattamento esclusivo. Guardo con orgoglio le piegoline di ciccia che si moltiplicano per merito mio, il ragnetto magro e lungo uscito dall’ospedale che diventa paffuto.
Ricordo le sensazioni, tutte intense e belle: le sue labbra sul mio capezzolo, il curioso rumore delle prime suzioni, un tenero yuk yuk; il mio corpo che si rilassa e si illanguidisce, in una lenta spossatezza che somiglia vagamente a quella dell’appagamento sensuale; il profumo di bimbo, il tepore e i moti lievi delle sue manine sul seno, quando si stacca per guardarmi beato, i suoi primi sorrisi; allattare all’aperto nella quiete secolare di un bosco, o nei pigri pomeriggi di fine estate quando cominciano i temporali ma si è al chiuso e al sicuro; e ancora mio marito che ci guarda sorridendo...
Gennaio 2004-maggio 2004
(Incomincia la grande avventura…)
… dello svezzamento. Gli esordi sono burrascosi, con cibo sputacchiato e pianti disperati. Ma pian piano, con pazienza e costanza, le bizze passano e il piccolo comincia ad apprezzare i piaceri della buona tavola, senza per questo disdegnare quelli della poppata.
Maggio 2004-febbraio 2005
(Tempo di cambiamenti)
All’improvviso, con quei mutamenti imprevedibili che capitano coi bimbi, Alex cala da quattro poppate, a tre, a due, a una sola (quella mattutina). Si scosta dal seno quasi indignato. Il latte pomeridiano, quello che gli davo dopo il ritorno dal lavoro, era un momento speciale per me. Mi costa molto rinunciarvi. Eppure, lo faccio. Perché credo in un atto che è e deve essere naturale, e sono pronta ad assecondare i bisogni del cucciolo.
Soltanto, non mi sento pronta a smettere. Non ancora. Ma di nuovo, Alex mi sorprende. Sceso a una poppata quotidiana, si ferma. Anche lui, alla fin fine, vuole lasciare fra noi questo filo sottile. Credo di essergli stata grata. Se avesse deciso altrimenti, l’avrei seguito. Ma si è fermato. Ha preso la mia mano con la sua manina e ha deciso di fare un altro tratto di strada insieme.
Parenti e conoscenti sono inorriditi, per quel curioso pregiudizio in base al quale un bimbo che ciuccia dopo l’anno è un’immagine riprovevole, che denota chissà quali future tragedie di mancata indipendenza, nonché un edipico, morboso attaccamento da parte della madre.
Per lo più, me ne infischio. Va bene per me? Va bene per mio figlio? Se non va bene per il comune sentire di un mondo moderno e frenetico, pazienza…
Ed ecco che Alex beve il mio latte in posizioni creative, alza le maglie per servirsi la colazione, dice “pappa” e “latte” quando ne ha voglia, ruota il ditino sulla guancia pienotta per comunicarmi che è buono, ciuccia in piedi, sdraiato tipo triclinio, seduto a cavalluccio sulle mie ginocchia. Altro che neonatino pancia contro pancia! E’ dolce, è buffo, è magnifico. E durerà per lunghi, tranquilli mesi.
Febbraio 2005
(Alex diventa grande)
I segnali sono meno chiari rispetto a quelli dell’anno precedente: grande entusiasmo quando la colazione a latte di mamma viene integrata con frutta, biscotti o pane; un poppare meno convinto e avido, interrotto da sorrisi, carezze, pernacchie. Alex mi sta dicendo: mamma, sono grande. Mamma, ti voglio bene e so che questo per te è importante, ma voglio crescere. Mi aiuti?
Frattanto, ho problemi di salute. Devo assumere antibiotici. Ed ecco la mia ultima lotta per il nostro allattamento: voglio smettere dolcemente, non di colpo; con tenerezza, non per una fredda proibizione medica. Muovo mezzo mondo e alla fine ottengo antibiotici compatibili con l’allattamento. Guarisco. E appena guarita, ancora una volta assecondo il mio bimbo e provo a non offrire/non rifiutare il seno. Era davvero pronto: tempo dieci giorni, non me lo chiede più.
Mi manca ancora. E’ una delizia trascorsa da troppo poco. L’orgoglio della crescita di Alex si mescola ad un’agrodolce nostalgia. E’ stato indimenticabile.
Tuttavia, ho scritto questo post per poterlo davvero, sempre ricordare; perché gli anni che trasformeranno mio figlio in un bimbo d’età scolare, in un adolescente, in un uomo, non oscurino questa parentesi breve ma luminosa.
L’ho scritto, inoltre, per accettare serenamente, nel profondo della mia anima, la prima manifestazione del paradosso insito nell’allevamento di un figlio: lo strappo del distacco, grazie al quale una persona che è nata da noi (ma è tutta sua) può spiccare il volo…
Scritto nel marzo 2005
E' stato meraviglioso.
E' stato naturale.
E' costato fatica, talvolta (grazie LLL!), ma è stata un'esperienza unica.
Vi lascio la mia testimonianza... anzi, la NOSTRA, mia e di Alex, ora 27 mesi, che quando è venuto il momento si è staccato da solo dal mio seno.
Maggio 2003
(Una sorpresa in serbo per la neomamma scettica)
Al corso preparto mi chiedono quali sono le mie aspettative verso l’allattamento. Circondata da esempi poco confortanti, rispondo senza troppo entusiasmo: un lavoraccio, ma qualcuno deve pur farlo e al neonato giova, almeno così dicono i medici. Se non dovessi riuscirci, sono venuta su benissimo a latte artificiale, e comunque che orrore i bambini grandi che poppano, appena il mio compie sei mesi, smetto!
Sono diventata un’esaltata dell’allattamento prolungato.
Morale: mai dire mai, la realtà a volte ci coglie di sorpresa e l’istinto passa come un caterpillar sulle tiepide considerazioni razionali.
Giugno 2003
(Il richiamo della foresta)
Alex nasce con TC, la montata lattea si fa desiderare. Il peso del bimbo è calato troppo, e al terzo giorno mi prospettano il latte artificiale. Stando alla mia opinione al corso preparto, dovrei tranquillizzarmi e passare al biberon. Invece, colpo di scena! La montata lattea mi viene proprio in quell’istante. E’ un capogiro, vampate di caldo, sete peggio che nel deserto del Sahara, pulsare del sangue alle tempie. Insieme al latte, non so cosa mi succede. Travolta dagli ormoni, io che sono d’indole così mite, aggredisco pediatra e puericultrici urlando che mio figlio non avrà una goccia di latte artificiale. Loro, allibiti, dicono che è meglio per la sua salute dare una giunta. Io rifiuto. Insistono. Sperano di scoraggiarmi obbligandomi alla doppia pesata, che significa trascinarmi avanti e indietro per un corridoio infinito dieci volte al giorno, dolorante per l’operazione, avendo come meta la bilancia del nido e addosso l’ansia da prestazione. Pur di evitare il biberon, accetto. Lotto come una leonessa, allatto come una mucchina, mi sforzo di tenere in camera di notte il cucciolo, che per giunta è pigro nel ciucciare, e alla fine: vittoria! Il peso risale. Lo allatterò io!
Giugno 2003-gennaio 2004
(Solo latte di mamma)
Nell’idillio della simbiosi con Alex, mi cullo felice nei mesi dell’allattamento esclusivo. Guardo con orgoglio le piegoline di ciccia che si moltiplicano per merito mio, il ragnetto magro e lungo uscito dall’ospedale che diventa paffuto.
Ricordo le sensazioni, tutte intense e belle: le sue labbra sul mio capezzolo, il curioso rumore delle prime suzioni, un tenero yuk yuk; il mio corpo che si rilassa e si illanguidisce, in una lenta spossatezza che somiglia vagamente a quella dell’appagamento sensuale; il profumo di bimbo, il tepore e i moti lievi delle sue manine sul seno, quando si stacca per guardarmi beato, i suoi primi sorrisi; allattare all’aperto nella quiete secolare di un bosco, o nei pigri pomeriggi di fine estate quando cominciano i temporali ma si è al chiuso e al sicuro; e ancora mio marito che ci guarda sorridendo...
Gennaio 2004-maggio 2004
(Incomincia la grande avventura…)
… dello svezzamento. Gli esordi sono burrascosi, con cibo sputacchiato e pianti disperati. Ma pian piano, con pazienza e costanza, le bizze passano e il piccolo comincia ad apprezzare i piaceri della buona tavola, senza per questo disdegnare quelli della poppata.
Maggio 2004-febbraio 2005
(Tempo di cambiamenti)
All’improvviso, con quei mutamenti imprevedibili che capitano coi bimbi, Alex cala da quattro poppate, a tre, a due, a una sola (quella mattutina). Si scosta dal seno quasi indignato. Il latte pomeridiano, quello che gli davo dopo il ritorno dal lavoro, era un momento speciale per me. Mi costa molto rinunciarvi. Eppure, lo faccio. Perché credo in un atto che è e deve essere naturale, e sono pronta ad assecondare i bisogni del cucciolo.
Soltanto, non mi sento pronta a smettere. Non ancora. Ma di nuovo, Alex mi sorprende. Sceso a una poppata quotidiana, si ferma. Anche lui, alla fin fine, vuole lasciare fra noi questo filo sottile. Credo di essergli stata grata. Se avesse deciso altrimenti, l’avrei seguito. Ma si è fermato. Ha preso la mia mano con la sua manina e ha deciso di fare un altro tratto di strada insieme.
Parenti e conoscenti sono inorriditi, per quel curioso pregiudizio in base al quale un bimbo che ciuccia dopo l’anno è un’immagine riprovevole, che denota chissà quali future tragedie di mancata indipendenza, nonché un edipico, morboso attaccamento da parte della madre.
Per lo più, me ne infischio. Va bene per me? Va bene per mio figlio? Se non va bene per il comune sentire di un mondo moderno e frenetico, pazienza…
Ed ecco che Alex beve il mio latte in posizioni creative, alza le maglie per servirsi la colazione, dice “pappa” e “latte” quando ne ha voglia, ruota il ditino sulla guancia pienotta per comunicarmi che è buono, ciuccia in piedi, sdraiato tipo triclinio, seduto a cavalluccio sulle mie ginocchia. Altro che neonatino pancia contro pancia! E’ dolce, è buffo, è magnifico. E durerà per lunghi, tranquilli mesi.
Febbraio 2005
(Alex diventa grande)
I segnali sono meno chiari rispetto a quelli dell’anno precedente: grande entusiasmo quando la colazione a latte di mamma viene integrata con frutta, biscotti o pane; un poppare meno convinto e avido, interrotto da sorrisi, carezze, pernacchie. Alex mi sta dicendo: mamma, sono grande. Mamma, ti voglio bene e so che questo per te è importante, ma voglio crescere. Mi aiuti?
Frattanto, ho problemi di salute. Devo assumere antibiotici. Ed ecco la mia ultima lotta per il nostro allattamento: voglio smettere dolcemente, non di colpo; con tenerezza, non per una fredda proibizione medica. Muovo mezzo mondo e alla fine ottengo antibiotici compatibili con l’allattamento. Guarisco. E appena guarita, ancora una volta assecondo il mio bimbo e provo a non offrire/non rifiutare il seno. Era davvero pronto: tempo dieci giorni, non me lo chiede più.
Mi manca ancora. E’ una delizia trascorsa da troppo poco. L’orgoglio della crescita di Alex si mescola ad un’agrodolce nostalgia. E’ stato indimenticabile.
Tuttavia, ho scritto questo post per poterlo davvero, sempre ricordare; perché gli anni che trasformeranno mio figlio in un bimbo d’età scolare, in un adolescente, in un uomo, non oscurino questa parentesi breve ma luminosa.
L’ho scritto, inoltre, per accettare serenamente, nel profondo della mia anima, la prima manifestazione del paradosso insito nell’allevamento di un figlio: lo strappo del distacco, grazie al quale una persona che è nata da noi (ma è tutta sua) può spiccare il volo…