(L) Le ore -Cunningham Michael
Posted: Tue Jan 29, 2008 7:41 am
Il libro é un po' vecchiotto,credo che sia del 2001...io sono un po' cosi!
Non riesco a farmi "influenzare"dal momento e finisco col
leggere questi capolavori sempre in ritardo!
Bellissimo,esaltante ,intimo...credo di aver letto raramente
un libro che ti faccia entrare realmente
dentro ognuna delle tre protagoniste.
La prima è Virginia Woolf, ritratta a un passo dal suicidio,
nel 1941, e poi, a ritroso nel tempo,
mentre gioca col dèmone della sua scrittura. Le altre due sono donne che abitano luoghi e tempi diversi.
Clarissa Vaughan, un editor newyorkese di oggi e
Laura Brown, una casalinga californiana dell'immediato dopoguerra.
Vorrei finirlo subito,ma sto leggendo con una calma
"forzata"per riuscire a godere di questa sensazione.
Tempo fà ho visto il film...mi ha sconvolta...niente di fronte
alla raffinatezza del racconto...Voi l'avete letto?
Vi ha fatto lo stesso effetto?
“...è possibile morire. Laura pensa improvvisamente a come lei – al pari di chiunque – possa fare una scelta del genere. È un pensiero sconsiderato, vertiginoso, leggermente incorporeo... Potrebbe decidere di morire. Le stanze di albergo sono i posti dove la gente fa cose del genere, no? È possibile – forse addirittura probabile – che qualcuno, un uomo o una donna, abbia posto fine alla sua vita qui... qualcuno ha guardato per l’ultima volta queste pareti bianche, questo soffitto bianco e liscio. ... Pensa che potrebbe essere profondamente confortante; la farebbe sentire così libera: andarsene, semplicemente... Potrebbe entrare, per così dire, nell’altro paesaggio; potrebbe lasciarli tutti alle spalle..." Ecco cosa ci è concesso; a ognuno di noi è concessa la facoltà di morire, ma solo lontano da tutti, in una stanza neutra perché morire è inconcepibile dal droghiere, o mentre fai la spesa; avete mai sentito di qualcuno che si è ucciso alla Coop? o in fila alla posta? No! Perché queste sono cose ordinarie o meglio ‘ordinate’: questo mondo così artificiale non tollera la morte perché gli uomini sussistono in quanto ‘artefici’, perché costruiscono su un vuoto; ma questo… perché? “…viviamo le nostre vite, facciamo qualunque cosa, e poi dormiamo – è così semplice e ordinario. Pochi saltano dalle finestre o si annegano o prendono pillole; più persone muoiono per un incidente; e la maggior parte di noi, la grande maggioranza, muore divorata lentamente da qualche malattia o, se è molto fortunata, dal tempo stesso. C’è solo questo come consolazione: un’ora qui o lì, quando le nostre vite sembrano, contro ogni probabilità e aspettativa, aprirsi completamente e darci tutto quello che abbiamo immaginato, anche se tutti tranne i bambini (e forse anche loro) sanno che queste ore saranno inevitabilmente seguite da altre molto più cupe e difficili. E comunque amiamo la città, il mattino; più di ogni altra cosa speriamo di averne ancora. Solo il cielo sa perché lo amiamo tanto
Non riesco a farmi "influenzare"dal momento e finisco col
leggere questi capolavori sempre in ritardo!
Bellissimo,esaltante ,intimo...credo di aver letto raramente
un libro che ti faccia entrare realmente
dentro ognuna delle tre protagoniste.
La prima è Virginia Woolf, ritratta a un passo dal suicidio,
nel 1941, e poi, a ritroso nel tempo,
mentre gioca col dèmone della sua scrittura. Le altre due sono donne che abitano luoghi e tempi diversi.
Clarissa Vaughan, un editor newyorkese di oggi e
Laura Brown, una casalinga californiana dell'immediato dopoguerra.
Vorrei finirlo subito,ma sto leggendo con una calma
"forzata"per riuscire a godere di questa sensazione.
Tempo fà ho visto il film...mi ha sconvolta...niente di fronte
alla raffinatezza del racconto...Voi l'avete letto?
Vi ha fatto lo stesso effetto?

“...è possibile morire. Laura pensa improvvisamente a come lei – al pari di chiunque – possa fare una scelta del genere. È un pensiero sconsiderato, vertiginoso, leggermente incorporeo... Potrebbe decidere di morire. Le stanze di albergo sono i posti dove la gente fa cose del genere, no? È possibile – forse addirittura probabile – che qualcuno, un uomo o una donna, abbia posto fine alla sua vita qui... qualcuno ha guardato per l’ultima volta queste pareti bianche, questo soffitto bianco e liscio. ... Pensa che potrebbe essere profondamente confortante; la farebbe sentire così libera: andarsene, semplicemente... Potrebbe entrare, per così dire, nell’altro paesaggio; potrebbe lasciarli tutti alle spalle..." Ecco cosa ci è concesso; a ognuno di noi è concessa la facoltà di morire, ma solo lontano da tutti, in una stanza neutra perché morire è inconcepibile dal droghiere, o mentre fai la spesa; avete mai sentito di qualcuno che si è ucciso alla Coop? o in fila alla posta? No! Perché queste sono cose ordinarie o meglio ‘ordinate’: questo mondo così artificiale non tollera la morte perché gli uomini sussistono in quanto ‘artefici’, perché costruiscono su un vuoto; ma questo… perché? “…viviamo le nostre vite, facciamo qualunque cosa, e poi dormiamo – è così semplice e ordinario. Pochi saltano dalle finestre o si annegano o prendono pillole; più persone muoiono per un incidente; e la maggior parte di noi, la grande maggioranza, muore divorata lentamente da qualche malattia o, se è molto fortunata, dal tempo stesso. C’è solo questo come consolazione: un’ora qui o lì, quando le nostre vite sembrano, contro ogni probabilità e aspettativa, aprirsi completamente e darci tutto quello che abbiamo immaginato, anche se tutti tranne i bambini (e forse anche loro) sanno che queste ore saranno inevitabilmente seguite da altre molto più cupe e difficili. E comunque amiamo la città, il mattino; più di ogni altra cosa speriamo di averne ancora. Solo il cielo sa perché lo amiamo tanto