A Misia

Sei qui, addormentata al mio fianco. Così vicina, eppure così lontana, persa nei tuoi sogni di bambina…

I capelli bagnati di sudore, il viso rilassato. Ti guardo e mi sembra di guardare un’aliena, mi perdo in questa tua bellezza sconcertante, così chiara e delicata. Mi soffermo un istante sulle tue labbra socchiuse, lo sguardo scivola sui buchini della tua mano abbandonata… e all’improvviso questa manina così piccola, così inconfondibilmente bambina mi appare inspiegabilmente grande.

Quella stessa manina che, ancora chiusa nel mio ventre, si agitava inconsapevole di essere scrutata di nascosto attraverso lo schermo di un ecografo, ora afferra saldamente giocattoli e matite, cerca la mia mano sul ciglio di una strada, impasta improbabili figure di pongo, sostiene forchette e cucchiai, clicca su mouse e digita incerta le prime lettere, allaccia bottoni di grembiulini rosa…

Ripenso a quelle due manine violacee e a quei piedini, il ricordo di non avere fiato per respirare dall’emozione, in quel momento in cui, per la prima volta il tuo corpicino sporco di sangue incontrava le mie braccia. Le mani… chissà perché le mani…

Piccola mia, stai crescendo in fretta, e nessuna madre sarà mai davvero preparata a questo. Io non faccio eccezione, e non riesco a spiegare il misto di fascino e sgomento che questo fatto mi provoca…

È sconcertante. Ma in tutto ciò, qualsiasi sia il nostro destino, qualsiasi strada prenderò e prenderai, resterà sempre quel legame, che ci renderà sempre due maglie vicine della stessa catena. Un legame indissolubile, una magia che stento a comprendere. Un miracolo, direbbe qualcuno.

Piccola mia, quanto ti amo. Non ci sono altre parole, ti amo e basta. 

Ti amo dippiù, come dici tu

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