L’assistente sociale è una persona cordiale, si siede e inizia unalunga e dettagliata anamnesi delle nostre famiglie d’origine e della nostra vita precedente: genitori, nonni, fratelli, date, scuole,occupazioni passate, traslochi, tutto viene annotato.
Si passa poi all’analisi del presente: abitudini, gestione famigliare, interessi, hobby, lavoro, tempo libero, Anna e Daniel.
Alcuni approfondimenti sul bambino, l’età, il rischio giuridico, i problemi sanitari, l’etnia…
Insiste parecchio sull’etnia: siamo davvero disponibili ad accogliereun bimbo con caratteristiche somatiche diverse dalla media di chi cista attorno? Cosa pensiamo dell’eventualità di un bimbo di colore?
Io davvero non riesco a vederlo come un problema, ma evidentemente peralcuni lo è (mi lascia allibita sentire di una bimba neonata il cui abbinamento è stato rifiutato da 20 – venti! – coppie, perchévisibilmente "straniera". Episodio successo quattro anni fa, non quaranta, qui, in una zona decisamente multietnica in quanto acomposizione della popolazione).
Ci sono state alcune cose che avremmo potuto dire meglio, o approfondire, ma nell’emozione e nella fatica dell’incontro qualcosa sidimentica sempre. Cercherò di riprenderle al prossimo incontro.
Dopo i miei millemila sforzi per pulire-ordinare-sistemare-decorare casa, con José che diceva "ma lascia in giro qualcosa, che così sembra finto" (a una casa in ordine non siamo proprio abituati!), l’unico commento dell’assistente sociale è stato: "Ma com’è tutto bello colorato! Non come le case che vedo di solito, tutte perfette e ordinate! D’altronde, si sa, con i bambini…"
Tra due settimane torna, con anche la psicologa, per conoscere i bambini.
Resisterà la casa presentabile per due settimane?