La prima ora, a scuola, è quasi un esperimento sociologico.
Mi piace arrivare prima che suoni la campanella delle 8 e aggirarmi per il corridoio, guardando chi entra e si dirige verso la propria classe.
Ci sono i ragazzetti appena usciti dalle medie, son quasi bambini.
Arrivano un po’ di corsa, la paura di non esserci al suono della campanella pare tanta. A volte sorridono trafelati, a volte sembrano preoccupati, ma sono vivi, sono veri (ancora per poco, aggiungo sconsolata).
Appena mi adocchiano, con un sorriso sincero salutano a viso aperto “Buongiorno, pro-fes-so-res-sa Rottermeier“. Così, per intero. E se possono, già in corridoio mi dicono che hanno fatto tutti i compiti per casa, mi snocciolano cifre e risultati, chiedendomi se sono corretti (grazie per la fiducia, ma non so tutti i risultati di tutti gli esercizi di tutte le mie cinque classi!).
In mezzo a loro, distinguo quelli di seconda.
L’andatura in corridoio è già meno pimpante, si sa, sono quindicenni, con tutti i gravi malanni della loro situazione. Piedi strascicati, viso a metà fra l’addormentato e l’annoiato. Qualche ragazza, tipo Gabri ed Elle, ancora abbozza un saluto, ma è cosa rara. Qualcuno, di certo uno “più avanti” della sua età, si ferma direttamente al distributore per una Coca Cola e magari anche un sacchetto di patatine. Fame o necessità di coprire l’alito di fumo?
L’incontro con un professore è cosa né sgradita né apprezzata. In fondo, noi professori facciamo parte del contesto, siamo un po’ come i banchi, la lavagna, la cattedra. Mobili. (Pezzi d’antiquariato?)
Poi ci son quelli del triennio, e l’apoteosi si raggiunge con i maturandi.
Il saluto diventa un “Salve prof”, perché si sa, il salve è ciò che tutti usiamo quando non sappiamo se dare del Lei o del Tu. A volte neanche quello. La campanella suona, chiudo la porta, prendo posto e apro il registro. “Allora… oggi…”. Si apre la porta, entra Gio, diciannovenne, saluta i suoi amici “Yo!”, e inizia a lamentarsi del tempo, della quantità di cose da studiare, della serata di ieri con la morosa. “Hmmm… buongiorno Gio, abbiamo iniziato la lezione, sai?” “Ah, c’è anche lei, prof?”
L’evoluzione dell’adolescente medio si potrebbe studiare attraverso il saluto e le espressioni di cortesia. Nulla a che fare con l’essere maleducati o educati; sono certa che a ciascuno di loro sia stato insegnato a usare le forme di cortesia. Ma la maturazione evidentemente passa anche dal rifiuto o la dimenticanza di queste frasi che allietano la nostra convivenza. Un po’ come i bambini, dei quali si dice che prima di fare un passo in avanti, ne devono fare due indietro. La crescita procede a scatti e di per sé è un processo affascinante.
Io mi siedo qui, alla cattedra, e lo osservo.