Scrivo questo pezzo non soltanto in veste di medico, ma anche e soprattutto di donna che ha vissuto questo problema in prima persona e, per questo motivo, particolarmente sensibile agli aspetti di prevenzione ed informazione sull’argomento. Cercherò di spiegare semplicemente di cosa si tratta, senza avvalermi di termini eccessivamente medici.
HPV
Al mondo esistono tanti virus diversi: alcuni ben classificati, altri meno conosciuti, alcuni innocui, altri meno. Alcuni sono responsabili di gastroenteriti o influenza, altri attaccano la pelle e altri ancora gli organi genitali.
Quello di cui parleremo è l’HPV, o papilloma virus, che aggredisce principalmente la pelle e gli organi genitali e le loro mucose.
Sicuramente tutti abbiamo sentito parlare delle verruche. Le verruche sono virali, appunto, causate da un virus, proprio un tipo di HPV.
Infatti con il nome di "papilloma virus" non ci si riferisce a un virus singolo, ma a una famiglia numerosa i cui membri sono oltre 150.
Solo 130 circa sono stati classificati finora.
I tipi di HPV
Circa trenta di questi 150 tipi si possono trovare solo sulla pelle e sulle mucose dei genitali (interni ed esterni) e dell’ano (raramente in bocca). Fra di essi, purtroppo, sono stati individuati molti virus messi in alta correlazione con il carcinoma. Il loro grado di aggressività è stato suddiviso in quattro categorie:
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gruppo LOW RISK ossia a basso rischio
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gruppo HIGH RISK ossia ad alto rischio
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probabile high risk
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rischio non classificabile
I virus low risk non sono quasi mai stati evidenziati in casi di carcinoma e non risultano essere fattori scatenanti di cancro o modificazioni cellulari, anche se possono accompagnare i virus del gruppo high risk e quindi interessare anche pazienti con carcinoma. Fra i low risk abbiamo i virus che causano le verruche genitali che in gergo spesso prendono il nome di "creste di gallo" o condilomi acuminati. In genere si tratta dei virus 6 ed 11.
Al gruppo high risk appartengono i virus che sono stati individuati in oltre il 99% delle pazienti affette da carcinoma della cervice (collo dell’utero), di cui il 70% circa causati da virus del tipo 16 e 18. Oltre al tipo 16 e 18, anche il 31 ed il 33 sono ritenuti capaci di causare modificazioni cellulari all’epitelio del collo dell’utero e provocare lesioni (invisibili) che possono degenerare in carcinoma della cervice.
Può capitare di trovare questi virus anche nell’ambito di screening in altre parti del corpo (gola, bocca ad esempio) qualora sia presente un carcinoma o un cancro.
Personalmente classificherei come alto rischio anche i virus 25, 53 e 66, ma gli studi finora li pongono nella categoria del III tipo.
Quindi, il II gruppo (high risk) è il più pericoloso ed è stato determinante identificare questi virus per diagnosticare in tempo e prevenire lo sviluppo di cellule precancerose alla cervice, alla vulva, all’ano, al pene o alla bocca.
Come ci si infetta?
Il contatto a pelle è la fonte di contagio principale ma è ormai ampiamente dimostrata, sia per i tipi high risk che per i low risk, la trasmissione per contatto sessuale.
Rapporti sessuali non protetti hanno come conseguenza anche la possibilità di infettarsi con l’HPV.
Rari casi di sospetta trasmissione per mezzo di asciugamani, bicchieri e spazzolini da denti sono stati registrati, ma non verificati.
L’HPV in epidemiologia
L’Hpv è un virus estremamente diffuso. In donne sessualmente attive si parla di una presenza del virus nei genitali di circa 3-5%, di cui il 25-40% in donne sotto i 30 anni per andare scemando verso l’8% in donne che hanno superato i 30 anni.
Si pensa che almeno il 50% delle donne venga a contatto con il virus.
Per gli uomini il discorso è diverso. Non si può stabilire quanti uomini abbiano contratto il virus perché mancano dati, a causa del fatto che gli uomini raramente si presentano da specialisti in andrologia, urologia o dermatologia per controlli di routine. È possibile che esista una parte, anche consistente, della popolazione maschile infetta da hpv e che si tratti di portatori sani.
La malattia e l’infezione acuta
Il virus può rimanere inattivo per anni nell’organismo e non rappresentare mai un rischio.
Determinante nelle conseguenze dell’infezione da hpv è la risposta immunitaria della donna.
A seconda del tipo di hpv cui si è venuti in contatto ci potrebbero essere conseguenze patologiche più o meno gravi: si potrebbero formare dei condilomi acuminati a livello dei genitali esterni, o dei condilomi piatti e potrebbero modificarsi le cellule del collo dell’utero con la conseguenza di un possibile carcinoma. Per gli uomini esiste la possibilità di un carcinoma al pene o, per uomini e donne, di carcinomi anali o orali.
Da ricordare è che il sesso non protetto, come il sesso orale non protetto, possono portare a contrarre l’hpv, con le possibili conseguenze di questa infezione.
Tenete presente che questi virus non colpiscono soltanto soggetti "a rischio" ma, essendo molto diffusi, venire a contatto con essi è più frequente di quello che si pensi: la vera discriminante è la risposta immunitaria, che non è prevedibile. I soggetti più a rischio saranno quelli immunodepressi, ma chiunque potrebbe sviluppare l’infezione.
Come avviene la diagnosi?
Vagina e collo dell’utero esterni sono rivestiti da un tipo di cellule dette "squamose" mentre la parte più interna è caratterizzata da cosiddette "cellule cilindriche" che si incontrano con le cellule squamose in punti ben determinati della cervice, a volte molto internamente nel canale cervicale.
Le cellule cilindriche si trasformano in cellule squamose ma potrebbero modificarsi e crescere in modo anomalo.
I condilomi acuminati sono ben visibili, mentre per determinare se ci sia un’infezione da hpv al collo dell’utero, il ginecologo eseguirà un PAP TEST.
Il pap test è un esame indolore e fondamentale per tutte le donne in età adulta.
Come di routine, la donna si sdraierà sul lettino del ginecologo e a gambe divaricate verrà introdotto lo speculum vaginale per poi prelevare con una spatolina (a volte è come un bastoncino, a volte come un lungo cotton fioc) delle cellule-mucosa dal collo dell’utero e strisciate su un vetrino che verrà poi analizzato.
Se dal pap test dovesse risultare che le cellule del collo dell’utero sono diverse dal normale (modificate, neoplastiche) allora la donna sarà invitata a farsi controllare per ulteriori indagini più o meno invasive.
Classificazione della modificazione cellulare
Le alterazioni a carico delle cellule del tessuto della cervice vengono definite C.I.N. o S.I.L.
Queste modificazioni difficilmente si aggravano nel corso di un anno.
Per questo poi viene eseguito il pap test in genere ogni 3 anni.
A seconda del grado di anomalia di crescita delle cellule cervicali si parla di DISPLASIA (dal greco "crescita disordinata") lieve, moderata o grave.
Tramite il pap test si può valutare il tipo di displasia che si trova a fronteggiare.
I risultati del pap test, se positivi, vengono indicati in questo modo:
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C.I.N. significa Neoplasia Intraepiteliale Cervicale
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S.I.L. significa Lesione Intraepiteliale Squamosa classificata in:
– S.I.L. di basso grado: CIN 1, cioè displasia lieve + HPV
– S.I.L. di alto grado: Lesione Intraepiteliale Squamosa comprendente CIN 2 (displasia media) e CIN 3 (displasia grave e carcinoma in situ); -
Carcinoma squamoso
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Adenocarcinoma
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A.S.C.U.S.: cellule squamose atipiche di significato indeterminato
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A.G.U.S.: cellule ghiandolari atipiche di significato indeterminato.
Le indagini invasive e non
In caso il pap test risultasse positivo, ma soprattutto per verificare il risultato, il passo successivo consisterà di routine nella tipizzazione del virus, ossia un’ulteriore procedura come il pap test che è l’Hybrid Capture(r) 2 (hc2) HPV DNA-Test con il fine di trovare il virus che ha causato le lesioni cervicali o le modificazioni cellulari.
Questo esame affianca in genere la colposcopia.
La colposcopia è un metodo diagnostico che risale agli anni ’20 e consiste nell’osservare il collo dell’utero con un microscopio usando un contrasto a base di acidi come l’aceto. Il collo dell’utero viene bagnato con garze imbevute di questa soluzione e, in base alle modificazioni di colore del tessuto (diventerà biancastro), si possono identificare le parti che sono state intaccate dal virus.
Segue la biopsia, che consiste nel prelievo di un piccolo campione di tessuto cervicale, che verrà poi esaminato in laboratorio.
I condilomi acuminati si possono asportare chirurgicamente, nell’uomo e nella donna, esattamente come le verruche.
Come terapia, vengono usati anche interferone e citochine, anche se il loro effettivo successo è ancora in discussione.
Nel caso in cui le cellule siano profondamente modificate e già il pap test abbia rilevato un grado di modificazione cellulare grave, si passa alla diagnostica invasiva tramite la conizzazione o "biopsia a cono".
La conizzazione ha potere sia diagnostico sia terapeutico. Questa operazione consiste nell’asportare una parte di collo dell’utero a forma di cono (da qui il nome conizzazione), in anestesia spinale o totale, al fine di farla esaminare istologicamente da un anatomopatologo.
L’anatomopatologo ha anche il compito di assicurarsi che i bordi del cono di tessuto asportato siano liberi da cellule neoplastiche e che quindi da quel momento la paziente sia stata curata.
Esistono altre metodiche invasive, fra cui il LEEP (una specie di elettrobisturi) e la vaporizzazione del collo dell’utero, la crioterapia e anche il laser.
Personalmente, ritengo la conizzazione a lama fredda il metodo migliore per diagnosticare e curare.
Recidiva
A seconda della gravità della modificazione cellulare e della risposta immunitaria della donna ci sarà un decorso di guarigione completo e possibilmente non recidivo nei confronti dell’hpv.
È molto importante controllare anche il partner, per evitare una reinfezione dopo la conizzazione.
Non ci sono ancora dati sufficienti, infatti, per valutare se dopo un test positivo cui segue un negativo sia scampato del tutto il pericolo dell’aggravarsi dell’infezione.
È opportuno anche dopo un intervento con LEEP o conizzazione, sottoporsi ai controlli ginecologici consigliati.
Smettere di fumare può avere un ruolo fondamentale nella risposta immunitaria delle pazienti.
Si consiglia anche alle donne che hanno già avuto la diagnosi di infezione da hpv e/o che sono state già operate per displasia di farsi vaccinare.
Il vaccino preventivo
Gardasil (Merck & Co) è il vaccino quadrivalente dispnibile attualmente, introdotto nel mercato nel 2006. Il Gardasil è diretto contro gli hpv 6, 11, 16 e 18 (quindi sia contro i tipi che più comunemente provocano carcinomi, che contro alcuni dei tipi responsabili di verruche genitali) e i dati parlano finora di un successo del 100% per la prevenzione del contagio. Il vaccino ha mostrato inoltre uno spettro di azione leggermente più ampio di quello atteso, verso altri tipi del gruppo meno pericoloso.
Questo vaccino sembrerebbe aver anche avuto efficacia (oltre il 93%) in donne già contagiate e positive all’hpv high risk, anche se non sono queste pazienti ad essere le dirette interessate bensì le adolescenti. Si consiglia di far vaccinare le bambine già in età preadolescenziale, ad esempio verso i 9 anni perché la risposta al vaccino sarebbe più efficace e anche per evitare che precoci avvicinamenti al sesso portino gravi conseguenze.
Il vaccino (iniezione intramuscolare) viene somministrato in 3 dosi ad un intervallo di 2 mesi tra la prima e la seconda e un intervallo di 4 mesi tra la seconda e la terza.
Gli effetti collaterali che sono stati osservati sono nausea, prurito, gonfiore, febbre.
Le donne incinte non possono farsi vaccinare.
Il vaccino non contiene virus vivi ma soltanto proteine specifiche del loro involucro.
Entro la fine del 2007 è atteso un nuovo vaccino, il Cervarix™ della GlaxoSmithKline, Inc., attivo contro i tipi 16 e 18 del virus (quelli più pericolosi).
Tenete presente, comunque che il vaccino non sostituisce la regolare visita dal ginecologo in quanto esistono anche diversi tipi di tumore cervicale e altre malattie sessualmente trasmesse.
Il Gardasil è disponibile da pochi giorni (dal 28 marzo 2007) nelle farmacie italiane. Per adesso il sistema sanitario nazionale assicura la vaccinazione gratuita soltanto alle ragazze nella prima adolescenza, con l’intenzione di estenderla in futuro ad altre fasce di età. Il costo della singola vaccinazione è di 188,15 euro, 564,45 per l’intero ciclo di 3 vaccinazioni quindi. Una cifra ancora abbastanza proibitiva, purtroppo, per molte donne, per cui c’è da augurarsi che la concorrenza la abbassi e/o che il sistema sanitario decida di estendere l’esenzione.