Anna Gavalda, Oggi mi va di sognare

OggimivadisognarePremetto che io amo Anna Gavalda. Amo come scrive, amo i suoi libri, tutti.
Ho comprato questo libro presa da una incontenibile euforia.
Mi piace tutto di lei, anche le copertine. Sono discrete, sognanti, leggere, vaporose.

Su Oggi mi va di sognare regnano i colori soft, uccelli che trasportano in volo un bambino, coperto di un elmetto che sa tanto di colapasta, sul cui petto campeggia un cuore.
Rosso.
Richiamo prepotente di emozione e di leggiadria.
Compro a occhi chiusi, senza neppure leggere la trama.

Arrivata a casa, accarezzo la carta ruvida con la dolcezza di un’amante.

Mi perdo quel breve attimo nel leggere la prima di copertina, per scoprire appena cosa mi sto apprestando a leggere, per poi tuffarmi, impaziente, nello scritto.
Il primo incontro è però velato di diffidenza, perché scorgendo con una veloce occhiata il numero delle pagine, mi rendo conto che il libro è assai contenuto.
Solo ottantadue pagine di curiosità.
Scritte, oltretutto, a grandi caratteri (e in pratica le pagine si dimezzano), così come farebbe un bambino.
Perché, in effetti, è un bambino che scrive.

Grégoire, il piccolo tredicenne protagonista di questo libro, non è differente dai tanti ragazzi della sua età. Ha un’aria immediatamente simpatica questo paffuto ragazzino dal fisico molle e robusto, che ammette candidamente e con ironia i suoi limiti. Non ama la scuola, anzi, la odia proprio.
Non si vergogna di dichiarare la sua totale sconfitta e pigrizia nello studio. Il suo scoprirsi inetto e impreciso è disarmante. Molto spesso Grégoire parla del blocco che innesca negli insegnanti, che non lo vedono pronto a prendersi le proprie responsabilità, né in gamba da risolvere i compiti della propria età. Situazione che lo mette in condizione di dover cambiare scuola, nonché insegnanti, con la tristezza nel cuore e la ferma e critica convinzione di non essere amato né voluto da nessuno.

Si rischia di volere immaginare un bambino sciocco, mentre invece chi parla ha le idee ben precise e una perfetta capacità di analisi.
Attraverso gli occhi di un tredicenne, bocciato già due volte, si respira l’aria tesa che affronta ogni giorno in casa, per colpa dei genitori, che "non si amano più un granché e hanno bisogno di litigare tutti i giorni, e per cominciare, si servono di me e dei miei voti come pretesto". La colpa è sempre di uno dei due, ovviamente, e va a finire ogni volta che il piccolo subisce le sfuriate dei genitori, che in questa maniera scaricano su di lui il loro tormento emotivo, colpevoli loro stessi e incapaci di dare una svolta al problema del figlio con la scuola, argomento imperante del libro.
Questo bambino "dalla testa come un colabrodo, con mani d’oro e un cuore grandissimo", passa le giornate estraniandosi dalla realtà, giocando con i suoi Lego o andando a trovare il nonno Léon, al capanno, dove passano le ore insieme a costruire, a fabbricare.
In quel capanno il bimbo si sente felice, respira un’atmosfera di gioia, di libertà, di serenità. Sa di essere bravo in qualcosa, sa che gode della presenza del nonno, si rende conto che in quel posto annusa un odore familiare.
Il bimbo ha capacità creative non indifferenti. Laddove pecca nello studio, ha fantasia e manualità da vendere.

Il rapporto con il Nonno Léon è fortissimo. Grégoire lo stima, lo ammira incondizionatamente, lo ama con tutto se stesso. Riconosce in lui una bravura al di sopra di ogni limite, lo erge a modello, consapevole però del fatto che con la sua scarsa preparazione nella scuola, non potrà mai fare una carriera analoga. Il nonno, finché sarà possibile, lo comprende e crede in lui, spronandolo a fare di meglio.

La Gavalda descrive con freschezza pezzi di vita semplice e comune che, lasciati trapelare dalla bocca di un bambino, hanno un gusto ancora più tenero ed emozionante.
Non c’è ingenuità incosciente nel suo tono.
Semmai, c’è una consapevolezza di fondo molto matura e divertente, un dichiarato sfogo della propria incapacità e pigrizia, che lascia però il posto a margini ampi di miglioramento.
Il ragazzo passa quindi da una fase di perfetto menefreghismo nei confronti della vita e delle situazioni, alla voglia, normale e ambiziosa, di fare qualcosa di giusto e buono per se stesso.
E in tutto questo è profonda e decisiva l’impronta del nonno, che lo accompagna nelle parole, nei gesti e negli insegnamenti ad affrontare la vita con coraggio e determinazione.
L’ironia condisce le pagine in maniera divertente.
La Gavalda in questo è maestra, perché non dimentica mai di alleggerire i toni con un ché di brillante semplicità.
Le battute non sono quelle che potrebbe inventarsi un adulto, ma sono lievi e imperfette considerazioni di un bambino, che innescano sorrisi e tenerezza.
Come al solito, i dialoghi della Gavalda rappresentano bene il percorso emotivo del bambino, anche attraverso i suoi pensieri, che spesso vengono elaborati in maniera tale da risultare un autorimprovero, un’autocritica eccellente.

Un libro che finisce troppo in fretta, esaurito nell’arco di mezz’ora o poco più. Semplice e di effetto immediato, fin troppo.

Abituata alla piacevole scorrevolezza degli scritti dell’autrice, non sono stupita di fronte a quest’ultimo, però leggermente delusa dalla brevità del racconto, pagato dopotutto la bellezza di quasi 11 euro (12 e 50, il prezzo pieno).
La sensibilità di Anna Gavalda, però, impone una lettura più approfondita, per arricchirci dei dettagli di pensieri e dialoghi dell’anima dei personaggi che di volta in volta crea, con esasperata somiglianza alla realtà, portando il lettore a immedesimarsi, lieto, in ognuno di loro.
Sarò di parte, ma io consiglio ogni suo libro.
Finora, Anna Gavalda ha pubblicato per Frassinelli la raccolta di racconti Vorrei che da qualche parte ci fosse qualcuno ad aspettarmi (meraviglioso!) e i romanzi Io l’amavo e Insieme, e basta.


Titolo Oggi mi va di sognare
Autore Gavalda Anna
Prezzo
€ 12,50
Dati 81 p., rilegato
Anno 2005
Editore Frassinelli
Collana Narrativa

 

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