Come una barchetta di carta – Carolina Peciola

carolina_peciola.jpgScrivere sulla maternità, quando tutto va bene, non è difficile: sipesca negli abissi del cuore, dove i sentimenti sono più teneri evellutati, e si buttano sul foglio emozioni a manciate, come lustrinisu carta ruvida.
Un po’ meno facile è scrivere quando la maternità arriva come una fittadolente, quando le cose non vanno come si sognava, quando il bambinotanto desiderato non è sano come lo si era immaginato, quando il semeche diventa battito non è della persona che ami, ma frutto di violenza.


Come una barchetta di carta è il libro d’esordio di Carolina Peciola,giornalista, traduttrice e consulente editoriale, che con questaraccolta di racconti affronta una sfida difficile mettendo nero subianco una serie di situazioni ipotetiche relative alla maternità ealla "non maternità": non si accontenta infatti di sviluppare il temaparlando della grazia del dono, ma scandaglia prospettive insolite enon per questo meno sincere, approfondendo risvolti psicologici senzapunti di luce, drammi e dolori incancellabili.

Il momento dell’attesa che arriva a compimento di un percorso dinecessità e desiderio e quello che invece giunge come un trenoimpazzito in un centro abitato, che scombussola e sconforta; il sognodi riempire una pancia piatta da tanti anni e la barbara consapevolezzadi una vita impervia e "cattiva" che non permette di fare progetti;l’amaro dolore di chi ha perso un figlio e i sensi di colpa chebrulicano senza sosta.

E ancora, la paura di fronte alla nascita di un bimbo diversamenteabile; il peso di una vita costruita, mattone su mattone, da impegniche pesano oltremodo, che portano a distrazioni fatali, troppo gravi dariuscire a perdonare. La stanchezza infinita del dopo parto, dellenotti insonni, dell’incomprensione per il pianto di un neonato,incalzante e ossessivo, che diventa pericolo per una mamma che vienelasciata eccessivamente sola a preoccuparsi di tutto… Sono soloesempi di situazioni legate alla maternità, intesa forse nel senso piùampio e meno retorico, che l’autrice illustra, dal punto di vista dellaprotagonista, anche nelle sfaccettature più buie e in quelle che spessonon si confessano per vergogna, per paura del giudizio altrui.

Carolina Peciola prende in mano diversi aspetti di questa condizione eli stende sulle pagine come panni al sole: infinitamente lucidi, avolte feroci, a tratti talmente veritieri da apparire agghiaccianti.
Nella scrittura non c’è compassione, non c’è critica: al contrario,piuttosto, un’apertura descrittiva profonda, pulita, che contemplaanalisi psicologiche e approfondimenti intimi trascritti senza filtro.

Di fronte allo scenario composto e poliedrico che ogni gravidanzacontempla, pur nella sua unicità, ci si chiede se davvero si faabbastanza per la donna che diventa madre o se, piuttosto, non la silasci spesso navigare senza scialuppa di salvataggio, come la barchettadi carta del titolo, così fragile da essere aggredita, così semplice daaffondare.
È un libro che suscita sensazioni molto forti: inasprimenti di sdegno,svuotamenti da amarezza e intense speranze racchiuse in spermatozoi chenuotano verso la vita, a dispetto di un mondo che non sempre è prontoad accogliere e abbracciare questi scrigni caldi e complessi: le mamme.

 
 

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