Buongiorno, avvocato.
Le scrivo per avere un consiglio. La mia storia è una come tante… mio marito è uscito di casa, dopo tre anni siamo arrivati a una separazione consensuale con affido condiviso dei due bambini. Ci siamo accordati senza problemi per i giorni di visita. Il problema sorge quando il mio ex marito obbliga i bambini a condividere il tempo che trascorrono con lui con la donna con cui aveva una relazione durante il nostro matrimonio. Abbiamo accettato il Natale, ma mia figlia che ha 13 anni non vuole trascorrere le prossime vacanze estive (15 giorni) con il padre e la compagna.
Mia figlia ha chiesto e spiegato al padre che questa situazione è per lei motivo di difficoltà e che la fa soffrire vederlo con questa persona. Posso in qualche modo tutelare i bambini, evitando oltre al dolore di una separazione anche questa esperienza? Tenga presente che questa persona non ha dimostrato né sensibilità né rispetto verso una situazione dolorosa.
La ringrazio per i suoi consigli.
Simona
Cara Simona,
la sua situazione è tanto comune quanto difficile da risolvere. La legge tace al riguardo e si impone quindi l’uso della ragionevolezza e del buon senso. È ovvio che il primo a dover usare sensibilità e riguardo nella gestione della situazione dovrebbe essere il padre dei suoi figli, a maggior ragione se la bambina ha palesato il suo disagio senza mezzi termini.
Che fare se questo buon senso e questa sensibilità non vengono usati?
Beh, deve essere lei a valutare quanto sia pesante questo disagio, quanto e con che frequenza sia imposta questa terza figura che disturba la serenità di sua figlia e quanto sia necessario e urgente correre ai ripari.
Questo perché l’unica strada per ovviare al problema è quella di adire il Tribunale per chiedere la modifica delle modalità di frequentazione, facendo presente il problema e quindi chiedendo che il Tribunale impedisca a questa terza persona, almeno in un primo momento, di frequentare i bambini o la bambina a seconda che il disagio sia di entrambi o di uno solo.
Per far questo però il Tribunale si troverà costretto a sottoporre la bambina ad alcune perizie di tipo psicologico, per indagare sulla portata del disagio che si trova ad affrontare.
Sono iter lunghi e spiacevoli sia per i genitori, sia, a maggior ragione, per i minori che si trovano coinvolti.
Le suggerisco pertanto di cercare di valutare, nel modo più obiettivo possibile, l’entità del disagio di sua figlia nel contatto con questa donna, magari provando, se non l’ha già fatto, a farla parlare per qualche seduta con un professionista che possa esprimere un parere professionale sulla situazione.
Se poi dovesse emergere un quadro difficile da gestire "con le buone", allora potrà rivolgersi a un legale per definire la migliore strada da percorrere.
Buona fortuna.
Avv. Chiara Donadon