Paternità naturale: limiti al riconoscimento

Gent.mo Avvocato,
mi chiamo Nicol, ho quasi 23 anni, mio figlio si chiama Jacopo e ha quasi 4 anni.
Mio figlio è nato nel 2004, dopo una gravidanza passata da sola in quanto il padre mi ha lasciata appena abbiamo scoperto che ero incinta. Mi sono accorta tardi di essere incinta, ero già al 4° mese, in quanto sono soggetta a ciclo mestruale irregolare e amenorrea e non ho avuto altri sintomi.
Il padre del bambino non ha assolutamente assistito al parto, non ha dato risposta all’SMS che gli avevo inviato per annunciargli la nascita del bambino, non ha dato risposta agli auguri di Natale 2004 che gli avevo inviato allegando una foto del bambino; gli ho inviato fotografie più volte senza nessuna risposta e non ho ricevuto risposta nemmeno quando gli ho inviato la bomboniera del Santo Battesimo con relativa foto. E ovviamente NON L’HA RICONOSCIUTO, infatti il piccolo porta il MIO cognome. Lui vive ancora oggi con i suoi genitori e nemmeno da loro c’è stato mai un minimo segno di interesse.
Nel mio paese non c’è il pediatra (c’è solo un medico di base) e l’ospedale più vicino dista circa 19 km.
Ad agosto 2006 sono andata dal papà del bambino (con preavviso) a prendere le cose che avevo lasciato lì; andai senza bambino in quanto lui riteneva stupido che gli portassi a vedere il bambino perché non gli interessava vederlo.
Qualche settimana dopo invece ci incontrammo con il bambino, poi lo vide altre tre volte, di cui l’ultima il giorno 10/11/2006 (giorno del 2° compleanno di Jacopo).
In sostanza lui durante questi 4 anni ha visto il bimbo solo 4 volte concentrate tra agosto/novembre 2006.
Mi mandò 3 vaglia da 200 € l’uno su mia insistenza. Gli unici aiuti che mi ha dato finora.
Io sono andata a lavorare che Jacopo aveva 4 mesi e lo lasciavo con i miei genitori.
Dal passeggino al latte in polvere, all’asilo nido… Non ho avuto nessun tipo d’aiuto. Ho sofferto anche di depressione post-partum dalla quale sono guarita un anno fa.
Dopo non si fece più vedere ne sentire.
Io non lo cercai mai più.
Da due anni ho un compagno, lui ama Jacopo e Jacopo ama lui, tanto che (senza che nessuno gli abbia detto niente) a gennaio del 2007 ha cominciato a chiamarlo papà.
Il mio compagno lo porta a calcio, lo porta a pescare, lo porta in spiaggia, al parco… e dal momento che io per motivi personali quest’anno non ho potuto andare a lavorare, si occupa completamente delle spese per il bambino: vestiti, scuola materna, alimenti.
È un anno e mezzo che cerchiamo di avere un bimbo ma senza risultati, ci siamo sottoposti anche a una fecondazione artificiale e a gennaio ci riproveremo.
Ora stiamo valutando quando sposarci.
Le ho raccontato tutta la mia storia perché volevo porle una domanda: se il padre di Jacopo un giorno facesse un passo avanti per riconoscere il bambino, vedendo i precedenti, gli sarebbe dato questo diritto?
C’è qualche modo per impedirglielo?
E il mio compagno vorrebbe dare il suo cognome a mio figlio… è possibile? Si può legittimarlo con il matrimonio?
E se il bambino prendesse il cognome del mio compagno e il padre biologico si facesse avanti, cosa succederebbe?
Mi scusi per le mille domande, ma sono preoccupata.
La ringrazio, cordiali saluti.
Nicol

Cara Nicol,

capisco la tua preoccupazione e cercherò di spiegarti cosa prevede la legge nei casi come il tuo.

Il padre naturale di tuo figlio potrebbe effettuare il riconoscimento del bambino solo dietro tuo consenso, in quanto tu sei il genitore che ha riconosciuto per primo (art. 250 codice civile). In caso di tuo rifiuto, il padre naturale di tuo figlio potrebbe chiedere al tribunale di decidere a favore del riconoscimento. In genere, il Tribunale per decidere se accogliere o meno la richiesta del genitore che vuole effettuare il riconoscimento, valuta se esso sia conforme all’interesse del minore e comunque sempre sentito l’altro genitore che ha già riconosciuto (cioè tu), il minore (se l’età è adeguata) e il pubblico ministero.

Quindi non c’è modo per impedire che il padre naturale di tuo figli cerchi di effettuare il riconoscimento. Tu comunque potrai sempre opporre il tuo rifiuto e, nel caso in cui vi troviate in Tribunale, potrai sempre sostenere che non è interesse di tuo figlio ottenere di essere riconosciuto da un padre con il quale non ha avuto significativi rapporti.

Quanto al tuo compagno, lui non può attribuire il proprio cognome a tuo figlio e il vostro matrimonio non renderebbe tuo figlio vostro figlio legittimo. La legittimazione per susseguente matrimonio è un istituto esistente nel nostro ordinamento ma opera solo quando a contrarre matrimonio siano entrambi i genitori naturali che abbiano effettuato il riconoscimento del figlio nato fuori dal matrimonio.

Ciò che potrebbe fare il tuo compagno, una volta divenuto tuo marito da un certo periodo di tempo, sarebbe chiedere di adottare tuo figlio. Infatti, in base alla legge sull’adozione (L. 4 maggio 1983 n. 184 e successive modifiche), tra i casi di adozione in casi particolari è previsto anche quello dell’adozione da parte del coniuge del genitore. I requisiti affinché si possa chiedere questa forma di adozione è che voi siate sposati da un po’ di tempo (la legge non dice quanto ma credo si possa ritenere di "quantificare" in tre o quattro anni) in modo da essersi costruito un certo rapporto tra chi chiede l’adozione e il minore. Ovviamente qualora la richiesta di adozione del tuo attuale compagno (e in quel caso marito) fosse accolta, ciò non priverebbe te di alcun diritto, perché Jacopo rimarrebbe comunque tuo figlio.

Sicuramente poi, se il padre naturale di Jacopo si accingesse a chiedere il riconoscimento del bambino dopo l’avvenuta adozione da parte del tuo compagno, credo che nessun tribunale emetterebbe una sentenza favorevole.

Quindi per ora ti consiglio di sposarti quanto prima, se questa è vostra intenzione come mi è  sembrato di capire; qualche anno dopo il matrimonio potrete rivolgervi a un legale chiedendo di avviare la pratica per l’adozione in casi particolari del piccolo Jacopo.

Nel frattempo, se il padre naturale dovesse chiedere di effettuare il riconoscimento e tu ritieni che ciò sia contrario all’interesse di tuo figlio, opponi il tuo rifiuto.

Buona fortuna

 

Avv. Chiara Donadon

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