Il figlio ideale e quello reale

Ciao Chiara,

ieri mattina ho parlato con la mamma di una bimba che va in classe con mio figlio e mi sono promessa di aiutarla contattando te. Mi è sembrata una famiglia perfetta: mamma e papà con un lavoro di prestigio, educati, massimo dialogo e rispetto con i figli.

I due bambini hanno 8 e 6 anni, entrambi minuti (bassini e gracili), ma con l’argento vivo addosso. Insomma: sani! E così questa mattina mi sono stupita quando ho sentito la madre disperarsi per questi due figli che, al mattino, la pregano di non lasciarli mangiare alla mensa della scuola, che a ogni pasto la fanno sudare per vederli mettere in pancia qualcosa…

Io le ho chiesto come fosse andato l’allattamento e lo svezzamento e lei mi ha risposto che da sempre ha dovuto faticare per nutrire i suoi bambini. Quando le ho chiesto di elencarmi cosa mangiano i bambini, a me non è sembrato uno sfacelo: 40 g. di pasta all’olio, due polpette, uno spicchio di mela.

Alla sera minestrina con verdure passate. Anche il pediatra le dice che il problema è solo suo, in quanto i suoi figli crescono regolarmente e sono sani. Mi fa tanto strano vederla così disperata. Lei e il marito stanno ora ottenendo la seconda laurea, sono quindi impegnatissimi, ma pare il problema lo abbiano da sempre.

È chiaro che c’è bisogno di te.

Mi aiuti ad aiutare un’amica?

Raffaella

Cara Raffaella,

a mio parere, se il pediatra ha dato un parere positivo sull’accrescimento dei due bambini, è un problema dei genitori: probabilmente due persone così "perfette" (due lauree, lavoro prestigioso…) non accettano di non avere bimbi perfetti. E lo standard del figlio perfetto, oggigiorno, è quello del mangione e atletico contemporaneamente. Io credo infatti, da tutto quanto mi racconti di loro, che li desiderino troppo adeguati a un loro standard mentale, che poi neppure si sa effettivamente quanto questo modello che perseguono sia corretto.

Ogni genitore ha un bimbo ideale, in mente, soprattutto prima che il figlio reale nasca: a questo punto un compito dell’adulto è proprio quello di rapportarsi non con l’ideale ma con l’individuo reale che ha di fronte.

A volte invece il genitore continua a perseguire il suo modello e il destino del figlio è il dover rispondere a una continua richiesta di adeguarsi all’idea materna o paterna, di rispondere a uno standard esterno a sè. Anche nel comportamento alimentare.

Non mi pare dunque il caso di rinforzare questi genitori fornendo loro consigli per far mangiare i figli più di quanto essi non desiderino; piuttosto credo sia utile una riflessione sul tipo di educazione che si segue in casa, se sia troppo rigida, se per compensare queste richieste vi sia un corrispettivo di affetto molto forte per i figli, in modo che entrambi si sentano amati e accettati per quello che sono. Queste cose sono importanti anche per il rapporto col cibo, lo sappiamo bene.

Per sintetizzare, bisognerebbe portare il focus del problema dall’alimentazione dei figli alle aspettative genitoriali e per fare questo può essere utile anche un colloquio con una psicologa familiare, figura presente nello staff dei servizi consultoriali territoriali.

Chiara Rizzello

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