Buongiorno dottoressa,
le scrivo perché da ormai un paio di mesi Luca, mio unico figlio, 16 mesi, ha dei comportamenti sempre più isterici. Le spiego meglio.
Quando viene contrariato o gli si nega qualcosa, non lo si porta dove vuole, ecc. si picchia prima con la mano in testa o meglio ancora picchia la testa ovunque, dal pavimento alle porte, ai mobili.
Questo ad inizio dicembre capitava solo una/due volte a settimana, poi è diventato l’ordine del giorno ed ora anche più volte al giorno, anche solo se gli cade qualcosa dalle mani giocando.
Ho parlato col pediatra e consigliava di ignorarlo dicendo che non ci sono casi di "suicidio infantile" e nemmeno di commozioni cerebrali.
Io sono d’accordo con lui, ma mio marito giustamente dice che se lo ignoriamo e va a picchiare la testa sulla vetrata del mobile, piuttosto che su uno spigolo?
A questo punto sto tentando con un altro metodo, cioè il contenimento. Praticamente appena comincia lo prendo in braccio e lo "placco" fisicamente, sussurrandogli che mamma non vuole che si faccia male. Ma fino ad ora non funziona.
Specifico anche che Luca va in asilo e sembra che queste scene le faccia solo a casa o con i nonni. Sono quindi a mio parere puri capricci. Che però mi stanno esasperando.
Che posso fare? Come si può ignorare il bimbo senza che si faccia accidentalmente male?
Grazie mille
Paola
Cara Paola,
il bimbo penso stia sperimentando alcune frustrazioni derivanti dalle tante esperienze nuove che ora riesce a fare camminando e muovendosi molto di più nell’ambiente: camminando può cadere anche se non è nelle sue intenzioni che questo avvenga; manipolando giocattoli da solo possono cadergli dalle mani, magari in una posizione difficile da raggiungere e anche questa è una esperienza frustrante nuova per lui.
Deve fare i conti con una realtà "altra" da sè che non sempre è come la vorrebbe, capisce che il suo egocentrismo e il suo sentimento di onnipotenza sta vacillando e sempre più cose e situazioni non sono più "ovvie" e automatiche come prima ma vanno accettate quando non conquistate con fatica e con sempre nuove strategie.
In un certo senso sta prendendo coscienza che per crescere deve imparare a rinunciare al paradiso nel quale era vissuto fin’ora, che non è la realtà ad andare verso di lui ma sarà lui, da ora in poi, a doversela conquistare e a dovervisi adattare. Il suo è un grosso cambiamento esistenziale e la sofferenza consiste proprio in questo cambiamento.
Infatti, penso, se ci fai caso, i suoi capricci, le sue reazioni di opposizione, avvengono principalmente in una situazione che lo obbliga ad un cambiamento.
Per esempio: sta giocando e manipolando con interesse un oggetto o un suo gioco e questo gli cade; deve necessariamente cambiare situazione e smettere di giocare visto che l’oggetto da solo non ritorna nelle sue mani e non ubbidisce ai suoi desideri.
Poi starà a lui, alla sua intelligenza e alla sua intraprendenza trovare la strategia giusta per riportare la realtà a suo favore e andarsi a riprendere il giochino caduto.
Altro esempio: sta bene dove sta, magari dai nonni e qualcuno lo viene a prendere per riportarlo a casa: altra frustrazione sempre legata ad un cambiamento. E credo si potrebbe andare avanti così con molti altri esempi. Ogni piccolo cambiamento di situazione che lo obbliga a rinunciare alla sua tendenza alla fissazione su quello che stava facendo o sulla situazione precedente che stava vivendo è la metafora di quel cambiamento molto più profondo e radicale che sta vivendo dentro di se con i primi passi, l’emozione del distacco dalla mamma, l’asilo, il nuovo ambiente e tutti gli altri cambiamenti di vita che l’età porta con sè.
Per di più, il bambino non ha ancora il linguaggio pur avendo il pensiero e quindi tutte le sue manifestazioni emotive vengono espresse con comportamenti eclatanti: strilli, capricci, calci, al posto di parole dal senso compiuto.
Ci vuole quindi prima di tutto pazienza e capacità di ascoltare il disagio del bimbo e capirlo.
Poi ci vuole, ovviamente, il giusto senso di responsabilità per evitare situazioni di pericolo affinché non si faccia male, ma soprattutto bisogna, a mio parere, cercare di lavorare nel senso di fargli accettare le situazioni di cambiamento. Se gli si nega, per esempio, di restare in un luogo che lui non vorrebbe lasciare, bisogna prepararlo, se possibile e prospettargli qualcosa di molto interessante nel nuovo posto dove andrà. Se gli cade un giocattolo e strilla bisogna prima cercare di rassicurarlo a parole suggerendogli come fare per riprenderlo poi aiutarlo nella manovra in modo che capisca che non è una impresa impossibile. Quando invece si comporta bene va sempre creato un rinforzo positivo e va gratificato. La sua giornata deve essere quanto più possibile fatta di eventi che si susseguono in modo regolare e prevedibile: le abitudini aiutano nell’affrontare i cambiamenti, creano sicurezza. Le sue reazioni isteriche apparentemente autolesioniste non vanno inibite né enfatizzate ma solo, quando possibile, prevenute.
Quando avvengono bisogna mantenere la calma, accettarle e, se da solo il bambino non riesce ad autoconsolarsi, cercare di aiutarlo non tanto coccolandolo e riportandolo così ad una situazione esistenziale precedente che lui stesso è il primo a voler superare anche se con difficoltà, ma affiancandolo nei momenti di passaggio, appunto, da una situazione all’altra, minimizzando ma non inibendo i suoi momenti di rabbia e nello stesso tempo aiutandolo a superarli rinforzando il suo interesse per quello che c’è "oltre" la rabbia, oltre a quella situazione che lui non vuole lasciare, convogliando la sua attenzione su un’altra cosa, proiettandolo, insomma, verso il futuro, questa nuova dimensione per i bambini così difficile da assimilare.
Questa è la mia interpretazione, sicuramente molto parziale e riduttiva visto che non sono una psicologa. Se il bimbo all’asilo non si comporta così è proprio perché in quell’ambiente non trova le persone che gli ricordano l’epoca precedente della sua vita durante la quale la simbiosi con la madre era totale. All’asilo lui sa che deve accettare il fatto di essere "grande", deve imparare ad adattarsi, ma questo gli crea inevitabili tensioni che, in fondo, è anche salutare che sfoghi davanti alle persone che sa che lo accettano anche quando si comporta da bambino più piccolino. I bambini sono sempre molto impegnativi, ma i primi tre anni di vita sono veramente pesanti. Solo dopo ci si può rilassare un pochino, forse.
Un caro saluto,
Daniela