Salve,
ho una bambina di 20 mesi ed abbiamo fatto da circa un mese l’inserimento al nido nel quale va volentierissimo, non ha avuto alcuna crisi e, apparentemente, non mostra alcun disagio.
Mi ha insospettito il suo atteggiamento di "sufficienza" quando la lascio la mattina, nel senso che mi saluta appena e inizia a giocare con i bambini come se volesse non pensare al distacco da me per non piangere.
Parlando con la maestra di riferimento mi diceva che durante la mattina ha notato questo atteggiamento di voler far le cose che non le piacciono o le creano disagio, per esempio il cambio del pannolino o il saluto alla mamma, il più in fretta possibile, senza pensarci tanto, per togliersi il problema alla svelta di dosso. Mi raccontava che talvolta ha gli occhi pieni di lacrime, ma non piange, si trattiene.
Abbiamo ipotizzato con loro non un vergognarsi di piangere davanti agli altri, anche perché a volte si trova in mezzo a bambini che piangono, ma ad una difficoltà nel manifestare i propri sentimenti, il proprio disagio. A casa non ha mai avuto questo atteggiamento. Sarà dovuto al "nuovo" ambiente?
Vorremmo capire come comportaci per poter fare qualcosa per aiutarla.
Preciso che le parliamo molto, le spieghiamo le cose, abbiamo un rapporto con lei, compatibilmente con l’età, molto sincero ed aperto, senza censurare nulla di noi o di sé, né creare alcun disagio nel manifestare quel che sente.
Grazie della disponibilità, Daniela
Ogni bambino, sicuramente, reagisce a suo modo nel periodo di adattamento alla nuova realtà dell’inserimento al nido e il carattere individuale, in queste circostanze, manifesta, appunto, tutte le differenze di personalità da bambino a bambino.
I più sensibili e maturi, i figli unici che non hanno ancora avuto modo di confrontarsi con fratelli più o meno coetanei, tendono ad essere più introversi e ad elaborare in modo più complesso i loro stati d’animo facendo una netta distinzione tra ambiente estraneo o che percepiscono ancora come tale e ambiente familiare dove tutti, in un certo senso, parlano lo stesso linguaggio.
Ma, differenze caratteriali e di situazione familiare a parte, esiste anche un modo di rapportarsi ai bambini da parte dei genitori che, a volte, rispecchiando o meno l’educazione che i genitori stessi hanno ricevuto alla stessa età dei loro figli, sembra apparentemente aperto, moderno e liberale, ma inconsciamente è comunque normativo e tende a comunicare al bambino più l’idea di come dovrebbe essere che l’immagine riflessa di come realmente è, che tende, cioè, ad essere sottilmente normativo pur nell’affettività di base, in quasi tutte le circostanze e non riuscisse a calarsi completamente nel bambino osservando la realtà e il mondo con i suoi occhi anziché con i propri di adulto.
Tu dici: "le parliamo molto, le spieghiamo le cose…" come a dire: " tu, anche se piccolina, devi capire che questo si fa e questo non si fa perché e perché e perché e questo voler spiegare tutto, magari mantenendo la calma e la pazienza, può rivelare un carattere dei genitori più controllato che calmo di natura, con un aspetto normativo prevalente su quello istintivo ed emotivo che tende a soffocare le emozioni o comunque ad incanalarle su binari socialmente accettabili, con un forte sviluppo del super io rispetto all’abitudine di esternare con spontaneità, cioè di accettare, le emozioni.
Io non posso certo sapere se quanto dico corrisponde a verità e per di più non sono psicologa, ma un bambino molto educato, abituato ad essere plasmato sull’idea che i genitori vorrebbero che fosse o che diventasse piuttosto che sulla valorizzazione delle sue spontanee tendenze individuali attuali potrebbe crescere apparentemente solido ed equilibrato, abituato a dare sempre il meglio di sé, ma in realtà, sotto sotto, sempre in competizione tra una vera natura compressa quando non repressa e una apparenza costruita "come gli altri desiderano".
Tutto ciò potrebbe creare nel bambino insicurezza e malinconia e la costruzione, anno dopo anno, di un mondo tutto suo, parallelo, pieno di fantasia, di amici immaginari, nel quale rifugiarsi e consolarsi nell’idea che non è dal mondo esterno che può arrivare comprensione e che di questo mondo esterno è bene non avere totale fiducia.
Mi rendo conto di avere espresso dei pensieri sicuramente azzardati con i pochi elementi di cui dispongo in base alle tue parole, forse anche troppo fantasiosi e sbagliati e se fosse così ti chiedo scusa fin d’ora, ma è quanto mi è venuto spontaneo dire leggendo la descrizione del comportamento della piccola. Uno psicologo, ripeto, sarebbe in grado di inquadrare molto meglio il problema.
Un caro saluto, Daniela