Si può evitare di dare l’antibiotico per curare lo streptococco?

Gent.ma Dottoressa,

ho letto varie Sue risposte in merito alle cure contro lo streptococco e sono stata positivamente colpita quando ho letto “se un bambino mette in atto le proprie difese immunitarie e se queste risultano efficaci, lo streptococco può essere combattuto anche senza antibiotico“.

Sono una mamma di una bambina di 9 anni e mezzo e mi è capitato all’ultimo anno di asilo di aver dato 3 antibiotici per 10 giorni ciascuno per curare uno streptococco curato male e ri-contagiato (in quel periodo c’era una epidemia all’asilo) dopo questo episodio mia figlia lo prende  solo 1 volta all’anno (massimo 2) per fortuna.

Qualche settimana fa è stata contagiata e curata con 10 gg zimox, a distanza di 7 giorni l’ha preso di nuovo (in classe sua girava e alcune mamme non hanno portato controllare bambine con mal di gola e una sicuramente non lo ha voluto curare, questo per spiegare il secondo contagio) la pediatra mi ha prescritto 10 giorni di veclam.

Per me dare antibiotico a mia figlia è molto difficile (non l’ho mai dato per altro motivo) visto che  è una bambina che praticamente non si ammala mai, non prende influenze, raffreddori o febbre….addirittura ha fatto la scarlattina senza febbre (almeno la mia pediatra l’ha classificata come scarlattina) e anche quando prende lo streptococco non ha mai la febbre (forse solo il primo che ha preso in asilo), ha mal di gola con un picco che poi comincia già a guarire da sola nel tempo in cui vado dalla pediatra aspetto tampone e comincio antibiotico…

Tutto questo “quadro clinico” per chiederle, a fronte di quanto da Lei precedentemente scritto, se posso non dare l’antibiotico alla bambina quando prenderà il prossimo streptococco, sempre tenendo conto che  guarisca senza particolare difficoltà.

So del problema febbre reumatica ma cosa vuol dire ” soggetti a rischio per familiarità“? Nella mia famiglia non ci sono casi di febbre reumatica né le mie figlie hanno mai avuto disturbi del genere.

Nella speranza di essermi spiegata, chiedo gentilmente un suo parere, sono una mamma che vive con l’ansia dello streptococco dietro l’angolo e che sta pensando addirittura  di tenere a casa per qualche settimana la bambina  da scuola. Grazie anticipatamente dell’attenzione che vorrà dedicarmi.

Saluti.
Michela.


Le mamme di bambini già grandicelli non hanno idea di quante volte le tonsille dei loro piccoli vengono colonizzate dai numerosissimi streptococchi che aleggiano nelle classi e in qualsiasi ambiente chiuso e affollato soprattutto se frequentato da bambini.

Basta poter guardare le gole di tutti gli alunni di una classe o anche di una scuola per capire che, specialmente nei mesi invernali, almeno l’80% si presenta molto arrossata con tonsille piuttosto malandate. Nello stesso momento, però, solo una minima parte presenta sintomi come mal di gola o febbre o catarro. Tutti gli altri sono portatori sani di qualcosa, che sia un virus o un batterio con il quale le loro difese immunitarie stanno combattendo silenziosamente senza che si manifestino sintomi apparenti.

Dal sesto, ottavo anno in poi, inoltre, i bambini, come hai potuto constatare, si ammalano molto meno frequentemente degli anni precedenti: quando si ammalano, però, contrariamente ai bimbi più piccoli, si tratta quasi sempre di infezioni batteriche, molto meno di forme virali, questo perché i virus conosciuti in precedenza hanno creato anticorpi specifici mentre i batteri, streptococchi in primis, più rari dei virus, possono non essere ancora venuti in contatto con quel determinato bambino.

Dopo una prima esposizione al batterio, l’immunità che si sviluppa può impedire una nuova infezione, ma di streptococchi, così come di molti altri batteri, vi sono moltissimi ceppi e l’immunità sviluppata da un determinato ceppo, purtroppo, non vale per un altro. Quindi i bambini possono riammalarsi, specie se sono predisposti o se hanno una memoria immunitaria per quel determinato batterio cosìdetta “corta”, cioè che tende a diminuire con il passare dei mesi invece di persistere per anni; oppure possono riammalarsi perché, infezione dopo infezione, le loro tonsille tendono a cronicizzare le infezioni.

In quest’ultimo caso succede che i ripetuti stati infiammatori tendono a modificare il tessuto tonsillare rendendolo criptico, con superficie non liscia ed omogenea ma con presenza di escrescenze e depressioni dove i batteri stessi possono annidarsi, crearsi una nicchia protettiva e difendersi così dall’aggressione degli antibiotici oppure, peggio ancora, possono sviluppare resistenze agli antibiotici stessi e questo succede soprattutto quando non si utilizzano antibiotici mirati ma i più comuni ad ampio spettro.

Una infezione batterica può tranquillamente guarire da sola, specie se localizzata come è una tonsillite: se pensiamo che gli antibiotici sono una scoperta relativamente recente c’è da chiedersi come facevano i bambini prima?

Ebbene, senza antibiotici, la maggior parte guariva, magari con alcuni giorni di ritardo, ma guariva e nel frattempo diffondeva batteri a più non posso attorno a sé. Una piccola parte, però, non guariva, oppure guariva in apparenza ma continuava ad ospitare streptococchi o altri batteri sulle tonsille o altrove. I più sfortunati, se predisposti dal punto di vista immunitario, come caratteristica familiare, a sviluppare una reazione autoimmune, prima o poi sviluppava una bella malattia reumatica ( e io, forse, data l’età, sono uno degli ultimi pediatri ad avere purtroppo visto la malattia reumatica con una certa frequenza).

Quindi gli antibiotici sono via via stati sempre più stati impiegati, non tanto e non solo per aiutare quel determinato bambino a guarire in modo più radicale e soprattutto più velocemente, prima che l’organismo stesso abbia avuto modo di sviluppare i famigerati autoanticorpi responsabili della malattia reumatica, ma anche per evitare che il bambino, anche non predisposto al reumatismo, diffonda per molti giorni i batteri che potrebbero essere pericolosi per altri bambini.

Che fare allora? Dare o non dare antibiotici?

Si possono non dare, oppure non dare subito al primo giorno di febbre limitandosi a ricontrollare il piccolo ogni due o tre giorni per monitorare l’andamento della malattia: non sarebbe un atteggiamento del tutto sbagliato per quel determinato bambino, ben conosciuto per reagire velocemente da solo all’infezione, ma non sarebbe un atteggiamento riproducibile su tutti.

Una volta la professione medica era più personalizzata, ora si ragiona per schemi e linee guida, non più per opinioni personali del singolo medico e le sacre linee guida dicono che una infezione da streptococco accertato va trattata con antibiotico, in particolare, in prima battuta, con amoxicillina e via discorrendo…

Così tutti i bambini sono trattati nello stesso modo a parità di patologia.

Nessuno si assume più la responsabilità di essere voce fuori dal coro perché se va tutto bene si è tutti contenti, genitori in primis che non amano somministrare troppi antibiotici ai loro figli, ma se qualcosa dovesse malauguratamente, quelle volta, andare storto?

La medicina difensiva si impone. Io capisco i medici più giovani: non lavorano in condizioni di serenità. Bisogna anche dire che decidere di non prescrivere terapia fidandosi delle capacità di reazione di un determinato bambino significa assumersi l’onere di ricontrollarlo più spesso rispetto ad un bambino sotto terapia e questo può creare problemi a chi ha già un superlavoro, sia medico che genitori che hanno, attualmente, sempre fretta.

Quindi penso che non sia sempre obbligatorio prescrivere antibiotici in caso di tonsillite ma che questo atteggiamento non può essere generalizzato e inserito in una particolare linea guida: deve essere deciso caso per caso da chi conosce il bambino da tempo.

La somministrazione precoce di antibiotico può prevenire lo sviluppo di autoanticorpi specifici solo nei bambini predisposti alla malattia reumatica: chi non è predisposto non la svilupperà mai anche senza essere stato curato con antibiotico. Ma non sempre si è in grado di sapere o di capire chi è predisposto e chi no. Inoltre, per rispetto verso chi potrebbe essere predisposto, meno streptococchi circolano tra i bambini meglio è.

Purtroppo non è mai così semplice: i portatori sani di streptococchi non hanno sintomi e non vengono né curati né visitati: tra loro vi potrebbe essere un soggetto predisposto alla malattia reumatica.

La rete preventiva costituita da un largo uso di antibiotici, quindi, ha i suoi buchi ed è a maglie larghe purtroppo ma è certo che attualmente di malattie reumatiche se ne vedono meno.

1 commento su “Si può evitare di dare l’antibiotico per curare lo streptococco?”

  1. Buongiorno Dottoressa,
    In seguito ad u un test positivo rilevato da un tampone faringeo ho somministrato per 6 giorni a mio figlio un antibiotico a base di amoxicillina.
    , Ho fatto il test perché il bambino aveva le tonsille gonfie la febbre e mal di gola.
    Dopo solo una settimana dalla somministrazione dell’antibiotico al bambino si sono gonfiate ancora le tonsille, non presentava però febbre e nemmeno mal di gola.
    Siccome eravamo in prossimità delle feste Pasquali e quindi di chiusura degli ambulatori medici, ho effettuato un tampone che è risultato nuovamente positivo.
    La pediatra però questa volta Mi ha sconsigliato la somministrazione dell’antibiotico essendo il bambino asintomatico. In effetti, A parte le tonsille un po’ gonfie, il bambino stava bene così Ho seguito il tuo consiglio
    Dopo tre settimane per curiosità ho voluto riprovare a fare il tampone e il risultato questa volta è stato negativo. Questo osa significa? Il bambino è guarito Grazie al suo sistema immunitario?

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