A tre anni non riconosce i colori

Gentile dottoressa,
ho una domanda che da qualche tempo mi passa per la  testa e a cui non so dare una risposta: ma è possibile che un bambino a tre anni abbia difficoltà a riconoscere i colori o addirittura alcuni colori non li veda?
Io ho due bimbi che hanno una differenza di undici mesi, sono cresciuti come due gemelli, però il primo già a due anni distingueva i primi colori: rosso, verde, giallo, bianco… e a mano a mano che cresceva un po’ tutti gli altri. Il più piccolo, sebbene tante volte e con vari metodi abbiamo cercato di insegnarglieli, sembra che non li voglia memorizzare, e tutte le volte che gli si chiede: "che colore è questo"? Lui risponde "non lo so". Che cosa devo fare? Ho il dubbio che sia anche volontariamente bloccato dalla competizione con suo fratello più grande. Spesso il padre di fronte a lui ha sottolineato come suo fratello è stato bravo e veloce ad imparare i colori rispetto a lui.
La domanda in sintesi è: è normale che a tre anni un bambino non riconosca i colori? E se non lo fosse la causa, può essere fisiologica o psicologica? Confido in una vostra risposta.
Efisia


 

Gentile signora,
esistono patologie dell’occhio che provocano alterazioni nella percezione dei colori, per cui inizierei con una bella visita da un oculista pediatrico, così da constatare la presenza o assenza di un problema fisico.
Poi le chiederei se il bambino mostra di abbinare (riconoscere) i colori, anche se non li nomina. Ad esempio: se c’è una palla gialla e cinque rosse, e gli si chiede di prendere tutte le palle rosse, lui riesce a farlo?
Di solito ci si organizza così: si rovescia sul tappeto un buon numero di pennarelli colorati, e si fa il gioco di chi ne raccatta di più dello stesso colore. In questa maniera dovrebbe emergere un’eventuale difficoltà ad abbinare oggetti dello stesso colore, lo stesso si può fare con le mele di diversi colori o con i cioccolatini (mi prendi il cioccolatino rosso?).
Inoltre, cercherei di stimolarlo a disegnare creativamente (qualunque cosa voglia), per capire se esprime un disagio legato alla stima di sé.
In ultima analisi, per favore, anche se la nostra cultura ci abitua al paragone e al giudizio continui, bisogna tenere conto che educare non significa paragonare, né fare una gara.
E che i migliori frutti da ciascuno di noi si ottengono con il sostegno e l’incoraggiamento.
Pertanto parli con suo marito di come mai per lui è così importante rimarcare le presunte difficoltà di vostro figlio rispetto all’altro, e chiedetevi se magari preesiste un particolare problema familiare di tipo culturale nelle vostre personali storie d’infanzia (per cui ad esempio NON si può essere lenti perché chi è lento, è debole o simili).
Fatemi sapere,
Claudia

   

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.