Terapia del figlio unico

Terapia.jpg Ho due figli.
L’amore, contro ogni previsione e angoscia durante la seconda gravidanza, si è moltiplicato. Subito, all’infinito, nell’istante in cui ho avuto fra le braccia un neonato scuro e incazzoso, tanto diverso dal suo biondo e placido predecessore, e ho deciso di chiamarlo Federico.
Quando il primogenito smette di essere figlio unico, si regala più di quanto gli si tolga.
Luogo comune. Vero. Verissimo. Gli ho regalato un fratellino da (occasionalmente prendere a botte in testa ma) amare.
Eppure ad Alex ho tolto qualcosa: la nostra simbiosi, l’attenzione e la sollecitudine esclusiva, tempo e cure.
Inoltre, li ho tolti a me.
Mi mancano.

Allora…metti che un giorno per varie circostanze il secondogenito, non più scuro ma ancora incazzoso e giustamente bisognoso di affetto, te lo porta a spasso il marito.
Metti che della casa sinistrata non te ne frega niente, perché casalinga è l’ultima cosa che sei. Prima sei moglie, prima sei mamma.
Metti che hai voglia di ritrovarti come monomamma e di riavere la complicità, il cerchio chiuso di un rapporto che ha dovuto allargarsi in un più caotico poligono.

Cosa succede?
Succede che decidi di assaporare in quella giornata la “terapia del figlio unico”, ovvero: tutta per Alex, tutto per Alex.

Siamo stati bene. E’ stato bellissimo.
Abbiamo raccontato storie e combattuto battaglie coi Gormiti (io tenevo un Nobilmantis potentissimo ma ho fatto finta di niente, e le ho prese di santa ragione da un Ramartiglio piccolo e ringhiante, il preferito di Alex). Abbiamo creato con la pasta modellabile serpenti e coccodrilli. Ho fatto da modella per foto digitali tutte storte.
Poi c’è stato un bagnetto con le orche di plastica e la pistola ad acqua. Velo pietoso sulle piastrelle prese di mira, accidenti a me che non sono più talebana nel bandire le armi dalle manine dei miei maschiacci.


Per pranzo carote, bresaola, e una meravigliosa terrina piena di poppi-corni (si dice così adesso?). Li abbiamo cucinati insieme, in una pentola con il coperchio trasparente, ridendo ad ogni scoppio del mais.

A sera sono tornati Federico e il papà.
Io e Alex avevamo quell’aria un po’ carbonara e sorniona, che dice: “ben tornati, ritroviamo le geometrie complesse del nostro poligono, di un lettone a quattro, ma intanto lo sappiamo che, quando vogliamo, per una boccata d’aria e per una magia, siamo il nostro antico cerchio. Siamo due”.

 

 

Thread pubblicato sul forum di noimamme.it  l’11 dicembre 2007

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