PMA – Procreazione Medicalmente Assistita

imagesLa sigla PMA (letteralmente Procreazione Medicalmente Assistita) si riferisce a una serie di tecniche più o meno invasive che permettono la procreazione a coppie infertili.

Si calcola infatti che circa il 10% delle coppie possano riscontrare problemi nel concepire spontaneamente o nel portare a termine una gravidanza.

Di questo 10% circa il 50% delle infertilità è da imputare a patologie femminili, il 40% a patologie maschili e il 10% a una infertilità idiopatica o di coppia che si verifica qualora non sia possibile riscontrare un problema primario.

Le tecniche di PMA possono essere suddivise in tecniche di base (o di I livello) e tecniche avanzate (o di II livello).

Le tecniche di I livello

  • Controllo e la stimolazione dell’ovulazione
  • Inseminazioni intrauterine

Il controllo dell’ovulazione consiste nel monitoraggio ecografico del ciclo ovulatorio femminile svolto da un medico ginecologo. Di solito si prevedono ecografie seriate a partire dal secondo- terzo giorno del ciclo fino a ovulazione avvenuta. Più che una vera tecnica di procreazione medicalmente assistita si tratta di un metodo di diagnosi che può però aiutare le coppie a mirare i rapporti nei giorni precisi dell’ovulazione. Tramite il monitoraggio dell’ovulazione il ginecologo può inoltre capire se l’ovulazione avviene in maniera idonea, se il follicolo cresce uniformemente, se l’endometrio della donna matura nei tempi stabiliti. In alcuni casi il ginecologo può prescrivere alla donna oltre al controllo ecografico anche dei controlli ormonali di estradiolo (prima dell’ovulazione) e progesterone (a ovulazione avvenuta).

Stimolazione ovarica: in alcuni casi, contestualmente al monitoraggio follicolare, vengono somministrati alla paziente farmaci per favorire l’ovulazione (clomifene o gonadotropine, farmaci che vengono utilizzati anche nelle fecondazioni in vitro ma in dosi molto ridotte). Lo scopo della stimolazione ovarica è quello di far produrre alla donna non più di 2-3 follicoli per aumentare un poco le possibilità di concepimento. Tecnica utilizzata anche per indurre ovulazione in donne amenorroiche (ovvero che spontaneamente non hanno ovulazioni) o oligomenorroiche (che hanno mestruazioni molto distanti tra loro e quindi rare ovulazioni spontanee). In entrambi i casi la tecnica dell’induzione o della stimolazione serve per aumentare le possibilità di concepimento. Durante la stimolazione ovarica viene monitorata la crescita dei follicoli sia in termini numerici (per fare in modo che non ne crescano più di 2-3), sia in termini di grandezza. Quando arrivano a una dimensione di circa 17-18mm l’uno si consiglia alla coppia di avere rapporti mirati, quasi sempre sono consigliati anche farmaci a base di gonadotropina corionica per favorire lo scoppio dei follicoli.

Inseminazione intrauterina: si differenzia dalla stimolazione dell’ovulazione solo nella parte finale del processo. La paziente farà una leggera stimolazione con controllo ecografico ed ematico (estradiolo e progesterone) della crescita dei follicoli. Quando questi raggiungono una dimensione idonea viene somministrata la gonadotropina corionica per far avvenire lo scoppio del follicolo e contestualmente (normalmente circa 24 ore dopo la somministrazione della gonadotropina) viene chiesto al partner di recarsi presso il centro e fare una raccolta del seme. Il campione maschile così raccolto verrà trattato (subirà un processo di capacitazione) per renderlo idoneo all’inseminazione. Una volta che il campione maschile è stato così preparato, verrà inserito un catetere in utero attraverso la cervice e il seme maschile verrà depositato in cavità uterina sotto guida ecografica. Il processo non è doloroso, solo lievemente fastidioso.

Nei giorni successivi all’inseminazione verrà consigliata una terapia di supporto a base di progesterone per favorire l’attecchimento degli eventuali embrioni che si potranno formare.

Al termine della fase luteale (ovvero dei 14 giorni – di media – successivi all’ovulazione) verrà consigliato alla donna di eseguire un test di gravidanza o il dosaggio delle beta hcg.

La percentuale di riuscita delle IUI purtroppo è molto discussa, alcuni studi parlano di percentuali di positivi intorno al 20-25%, altri addirittura di percentuali inferiori all’8%

Fattori necessari perché sia possibile tentare una o più inseminazioni intrauterine sono: pervietà tubarica femminile e uno spermiogramma maschile buono o ottimo. Se uno di questi fattori non è presente in molti casi i centri sconsigliano tentativi di intrauterine e preferiscono passare direttamente a tentativi di II livello.

 

Legge-40Le tecniche di II livello

  • FIVET (fecondazione in vitro et embrio- transfer)
  • ICSI (intra-citoplasmatic sperm injection, ovvero l’iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo nell’ovocita) e
  • MESA, TESE e TESA tre diverse tecniche che prevedono il prelievo degli spermatozoi direttamente dal testicolo maschile tramite intervento chirurgico.

FIVET e ICSI: si differenziano tra loro soltanto per il modo in cui avviene la fecondazione dell’ovocita da parte dello spermatozoo, ma la preparazione alla procedura, gli esami da svolgere e i farmaci da assumere sono gli stessi.

Per accedere alle tecniche di II livello è necessario che la coppia abbia eseguito tutta una serie di esami ematici e strumentali che di solito il centro richiede molti mesi prima dell’inizio della procedura e che variano lievemente da centro a centro. Alcuni esami hanno una validità nel tempo piuttosto breve, quindi è buona regola controllare di avere tutti gli accertamenti pronti e con le scadenze corrette.

Gli step che, a grandi linee, compongono le tecniche di II livello sono:

  • esami di controllo
  • stimolazione ovarica per la partner femminile con o senza soppressione
  • monitoraggi ecografici ed ematici a giorni alterni
  • maturazione follicolare
  • prelievo ovocitario (pickup)
  • raccolta del seme maschile
  • fecondazione degli ovociti e formazione degli embrioni
  • transfer embrionario
  • terapia di supporto
  • controllo delle beta hcg 12-14 giorni dopo il pickup

Come si può vedere, la procedura è molto lunga e complessa e dura complessivamente almeno quattro settimane, talvolta di più se la donna segue un protocollo lungo con soppressione (che viene effettuata a partire dal ciclo precedente la FIVET).

La stimolazione ovarica per le tecniche di II livello può essere eseguita in maniere diverse. Esistono infatti moltissimi farmaci e molti protocolli, i più frequenti sono: lungo, corto e con antagonisti. I farmaci disponibili sul mercato ormai sono molti e la scelta di uno piuttosto che di un altro così come la scelta del protocollo da usare dipendono da tanti fattori, primi tra tutti i valori ormonali e l’età della paziente (oltre ovviamente alla risposta ottenuta dalla donna durante eventuali precedenti tentativi). Non esiste un protocollo migliore o peggiore, esistono diversi protocolli da usare in diverse situazioni.

Dopo 5-6 giorni di stimolazione ovarica cominciano i monitoraggi, che si compongono di un controllo ecografico e di un prelievo ematico e vengono effettuati solitamente ogni 48/72 ore o quotidianamente a seconda del caso.  Le terapie potranno essere modificate di giorno in giorno in base alle esigenze. Non esiste un corretto numero di follicoli perché la procedura possa essere ritenuta idonea, anche in questo caso bisogna prendere in considerazione l’età della paziente e i suoi valori ormonali. Diciamo che, normalmente, una buona stimolazione per FIVET fa produrre circa dieci follicoli maturi, ma il numero come detto può variare enormemente in considerazione dell’età e dell’assetto ormonale di partenza.

Quando i follicoli raggiungono circa i 17mm e l’estradiolo ci mostra un andamento soddisfacente (si deve considerare che ogni follicolo maturo dovrebbe produrre circa 150-200pg di estradiolo) la paziente dovrà assumere una dose di gonadotropina corionica per far maturare completamente gli ovociti.

A distanza di 36 ore circa dall’iniezione la paziente si recherà presso il centro per eseguire il pickup.

Il pickup è una procedura di chirurgia minore che viene eseguita in anestesia locale o sedazione profonda (dipende dai centri e spesso anche dalla volontà della paziente). Un piccolo catetere viene inserito a livello vaginale e tramite la parete anteriore della vagina vengono raggiunte le ovaie e aspirato il liquido contenuto all’interno di ogni follicolo. All’interno del liquido follicolare si trova l’ovocita. L’intera procedura del pickup ha una durata complessiva che varia grandemente in base al numero dei follicoli della donna e alla raggiungibilità delle ovaie stesse durante la procedura. Una volta che il ginecologo ha aspirato tutti i follicoli, il liquido raccolto viene trasferito in laboratorio, dove il biologo potrà osservare se all’interno del liquido follicolare sono presenti gli ovociti, quanti ne sono stati raccolti e di che qualità (non tutti gli ovociti infatti verranno ritenuti idonei alla fecondazione: possono essere immaturi o troppo maturi o degenerati). Per qualche ora gli ovociti verranno messi in coltura per permettere anche a quelli lievemente immaturi di arrivare a maturazione.

Contemporaneamente al pickup il partner maschile dovrà eseguire la raccolta del seme tramite masturbazione. Se siamo invece di fronte a un caso di azoospermia, probabilmente il partner avrà precedentemente eseguito una raccolta chirurgica degli spermatozoi che saranno stati quindi crioconservati. Il seme maschile verrà controllato e lavorato in modo da poter essere usato per fecondare gli ovociti.

In base alla qualità del seme maschile e, attualmente, anche alla qualità ovocitaria femminile nonché alla quantità di ovociti raccolti, verrà scelto dal centro il tipo di tecnica da utilizzare. Se il seme è di buona o ottima qualità e gli ovociti sono tanti e di morfologia ottimale, spermatozoi e ovociti verranno trasferiti in provetta e sarà lo spermatozoo “più forte” ad entrare spontaneamente nell’ovocita. Se invece il seme non risulta essere di buona qualità e/o gli ovociti risultano pochi o non ottimali allora il centro procederà con una ICSI.

La ICSI, pur essendo una tecnica meno “naturale”, permette infatti una maggior fecondazione degli ovociti, tanto che ormai in molti centri solo raramente si ricorre alla FIVET: in alcuni casi selezionati, il centro può decidere di eseguire la fecondazione tramite FIVET con un certo numero di ovociti e con i rimanenti procedere tramite ICSI.

In qualunque modo avvenga la fecondazione, per le prime 24 ore è bene che gli embrioni che si stanno formando non vengano guardati né infastiditi in nessun modo, anche la semplice osservazione infatti può danneggiare il delicato processo. A distanza di 24 ore dal pickup di solito il centro avverte la coppia dell’avvenuta fecondazione e programma una possibile data per il transfer.

 

transfer embrionaleIl transfer

Il transfer può essere eseguito in:

  • seconda giornata: gli embrioni sono di solito di 4 cellule e si chiamano zigoti
  • terza giornata: gli embrioni sono di 6-8 cellule e si chiamano morule
  • quarta giornata: raramente vengono eseguiti transfer a meno che non si esegua una diagnosi preimpianto dell’embrione e in questo caso si definiscono morule compatte
  • quinta giornata: sono embrioni ormai di molte cellule, non si usa nemmeno contarle, devono avere delle caratteristiche morfologiche particolari e si definiscono blastocisti
  • sesta giornata: si definiscono blastocisti espanse.

In base al numero e alla qualità degli embrioni ottenuti il centro deciderà in che giornata e in che numero trasferirli in utero. Per fare un esempio, in donne al di sotto dei 35 anni raramente vengono trasferiti più di 2 embrioni (uno se si stratta di ottime blastocisti), mentre in donne di età superiore o con qualità embrionaria scarsa si può arrivare a trasferirne anche 3-4 o più (molto raramente più di quattro embrioni vengono trasferiti).

Il transfer è una procedura molto semplice che consiste nell’aspirazione degli embrioni insieme a una piccola quantità di liquido. Successivamente un catetere viene inserito nella cavità uterina attraverso la cervice e gli embrioni vengono adagiati nella cavità a una certa altezza precedentemente calcolata o tramite un transfer di prova o tramite guida ecografica (dipende dai centri). La procedura deve essere eseguita in modo che gli embrioni subiscano meno stress possibile, sono infatti molto sensibili e potrebbero essere facilmente danneggiati. Dopo pochi minuti la donna potrà alzarsi e nel giro di trenta/sessanta minuti potrà recarsi presso il suo domicilio.

Nel periodo post transfer quasi sempre viene data una terapia a base di progestinici (o per  via intravaginale o intramuscolare o sottocutanea) che non dovranno essere interrotti fino al controllo delle beta hcg. Molti centri aggiungono alle terapie con progestinici altre terapie in base alle necessità della singola paziente.  Il controllo delle beta hcg deve essere eseguito su sangue e nella data consigliata dal centro, di solito 12-14 giorni dopo la data del transfer.

In Italia ormai in quasi tutti i centri esiste la possibilità di crioconservare o vitrificare, una metodica più innovativa che consente una maggior possibilità di sopravvivenza degli embrioni in eccesso. Questo per consentire alla coppia di non doversi sottoporre nuovamente a tutta la procedura, qualora dovesse andare male il tentativo o viceversa se si desiderassero altri figli in futuro. Non tutti i centri crioconservano tutto: molti preferiscono crioconservare esclusivamente gli embrioni di categoria ottima o selezionare quelli che arrivano a blastocisti per poter preservare embrioni che hanno maggiore possibilità di resistere allo scongelamento.

Per la crioconservazione è sempre consigliato, prima di iniziare il tentativo di PMA, chiedere al centro quali sono le loro procedure e l’eventuale costo aggiuntivo (anche annuale) di conservazione/scongelamento e transfer.

Le percentuali di successo delle tecniche invasive variano moltissimo a seconda dell’età della paziente, della qualità ovocitaria e spermatica e della tecnica utilizzata. Ogni centro, prima di farvi iniziare il trattamento, è tenuto a fornire le statistiche relative alla loro casisitica per età e patologia.

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