Caro figlio, quanto mi costi?

 caro_figlio_quanto_mi_costi.jpg  Da una recente analisi della Federconsumatori è emerso che un neonato italiano del 2007 costerà in media 1500 euro in più di un neonato del 2006.
In realtà lo studio ha fatto emergere alcuni aspetti che superano l’analisi meramente economica, relazionata all’inflazione, al caro vita, al cambio lira-euro, ma che sfociano in considerazioni socio culturali del nostro essere genitori Made in Italy.

Già qualche anno fa era scoppiata la protesta legata ai costi del latte artificiale, che era arrivato anche al 400% in più di una confezione di latte della stessa marca ma venduta in un altro paese europeo.
Fortunatamente, grazie a una forte sensibilizzazione e alla campagna di Coop, già nel 2004 questi costi hanno visto una consistente diminuzione, a fronte però di un aumento di altri prodotti non necessariamente di tipo alimentare.

L’aspetto socio-culturale evidenzia che il genitore italiano tipo è più votato al sacrificio per i figli, rispetto a qualunque altro genitore europeo (e ovviamente di altro continente).
Siamo coloro che con più facilità sono disposti al sacrificio economico in nome di un figlio nuovo e questo, a voler leggere bene i numeri, è tra le cause del rincaro dei prezzi.
Perché indipendentemente dalla domanda (numero dei neonati) e indipendentemente dall’offerta e dalla concorrenza (varietà di produttori e punti vendita del settore) la domanda è rigida, perché la percezione che si ha è che ci sia la (pre)disposizione a pagare per tutto ciò che ruota attorno ai nostri neonati.

Nel dettaglio, le statistiche mostrano che si spenderà quest’anno il 13% in più rispetto all’anno scorso.
In particolare i costi sono così divisi in euro:

Sanità 660-1650
Pannolini 469 -973
Farmaci 342-729 
Abbigliamento e scarpe 793-2196
Pappe e latte 1296-3132
Biscotti 170
a questi costi si aggiungono gli una tantum degli accessori
Carrozzina 285-772
Lettino 199-665
Passeggino 127-399 

A fronte di un prezzo invariato di latte e omogeneizzati, c’è un incremento del 6% dei biscotti, di un 3% della pasta, di un 5% delle creme.
Aumenti ingiustificati anche a fronte di una crescita dell’inflazione che oggi si stima intorno al 2,1%.

Se non si può agire preventivamente sull’offerta, lo si può fare, insieme, sulla domanda, e per cambiare la domanda bisognerebbe iniziare a ragionare seriamente su come razionalizzare gli acquisti, mutando il nostro principio alterato di necessarietà.
Perché se da un lato bisogna difendere il nostro atteggiamento di genitori protettivi, dall’altro non bisogna mostrare fragilità nei confronti di un mercato che sciacalla su questa nostra debolezza.

Le spese sanitarie, prima di tutto e a cominciare dalla scelta del pediatra.
Sarebbe utile, prima ancora che il bambino nasca, informarsi sui pediatri di base disponibili, cercando, laddove possibile, di cercare quello che ci ispira maggiore fiducia. Avere fiducia nel nostro pediatra di base abbatte drasticamente il ricorso – e quindi il costo – delle visite mediche specialistiche.

Analogo discorso anche per la scelta del farmaco. È buona norma imparare a informarsi sui farmaci generici, vale a dire quelli che hanno analoga composizione, ma che hanno costi notevolmente inferiori. Basti pensare alle soluzioni fisiologiche, che sono facilmente componibili in casa, in quantità notevoli e a costi ridottissimi.

Stessa cosa per il mondo degli accessori. Il costo di carrozzine, passeggini e lettini è notevole, soprattutto se relazionato all’usura minima che subiscono.
Attivare una rete locale o virtuale dell’usato può essere un modo per avere il piacere di un accessorio bello e buono ma che costi poco, abbattendo i costi di chi lo rivende e abbattendo i costi di chi compra un usato “sicuro”, essendo una carrozzina utilizzata per 4 mesi e un passeggino per un solo anno in più.

Un capitolo dedicato a parte meriterebbe l’alimentazione.
Le pastine per un lattante potrebbero essere sostituite verso gli otto mesi da pastine regolarmente utilizzate per il resto della famiglia, così come gli omogeneizzati di carne e di pesce potrebbero essere realizzati in casa, integrando l’apporto vitaminico aggiuntivo di cui si forgiano i package degli alimenti per l’infanzia, con una regolare alimentazione, semplice e naturale, basata su proposte di frutta e verdura.

Poco (o fin troppo, dipende da come la si vuole leggere) si può fare sul vestiario o sulle scarpe (aumento del 5% rispetto al 2006) perché più che un principio alterato di necessarietà, spesso riflette l’esigenza che si ha di appagarsi con qualcosa di bello. Nel caso dell’abbigliamento siamo più consapevoli che si tratta di frivolezze, ma ci dà piacere  e dove c’è piacere, non c’è legge di mercato che tenga.

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.