Quante sono le persone che conoscono quando apparve la prima pentola antiaderente? Non molte, ve lo assicuriamo e se formulate questa domanda a chiunque, probabilmente vi risponderanno che tale apparizione avvenne durante il XX secolo.
Nulla di più sbagliato. Non ci credete?
Parlando con gli esperti della famosa azienda produttrice di pentole e padelle antiaderenti, la ILLA, veniamo a sapere che i primi oggetti antiaderenti sono risalenti addirittura all’antica Roma. Non solo, teoricamente questo è testimoniato da alcuni testi dell’epoca ma, oggettivamente, sono stati ritrovati dagli archeologi dei reperti che ne confermano la veridicità.
Ne parlava ai suoi tempi il romano Apicio, che può essere considerato uno chef stellato della sua epoca, il quale raccomandava di cucinare le sue ricette gastronomiche sulle speciali cumanae testae, ossia delle padelle dal fondo rosso provenienti da Cuma dove si trovavano degli artigiani che le realizzavano e che le facevano importare in tutto l’Impero.
Se dalla Britannia fino ai remoti avamposti dell’Africa, i cibi preparati non si attaccavano, lo si deve a questo particolare tipo di ceramica –databile al I°secolo d.C.- come confermato dai ritrovamenti degli archeologi che hanno avuto modo di scavare proprio a Cuma.
Non si sa come i romani abbiano scoperto quella particolare sostanza con la quale rivestivano l’interno del pentolame al fine di farlo divenire antiaderente ma sappiamo che questo creava una patina spessa e levigata che aveva la proprietà di non far attaccare i cibi che venivano cucinati a fuoco lento.
Da Roma al presente
Da Apicio ai giorni nostri, ne è passato del tempo e le pentole antiaderenti con le quali cuciniamo presentano un fondo in teflon (politetrafluoroetilene) che è un composto idrorepellente di natura plastica che ha la caratteristica di far cuocere le pietanze evitando che queste non si attacchino al fondo.
Nel caso del teflon, la scoperta dello stesso avvenne in modo casuale alla fine degli anni trenta da un chimico americano che si rese conto di aver creato una sostanza resistente al calore e cerosa attraverso uno dei gas che stava utilizzando. Il suo polimero è formato da quattro atomi di fluoro e due di carbonio che si ripetono in modo costante e che lo rendono inattaccabile da elementi esterni. Fu utilizzato una ventina di anni più tardi della sua scoperta per rivestire le pentole facendole divenire ‘antiaderenti’ e, quanto è maggiore e spesso il numero degli strati, tanto è più resistente all’usura.
Forse non tutti sanno che…
Quando il rivestimento in teflon si sia rigato, è preferibile evitare di cucinare perché, non solo è compromessa la proprietà antiaderente della pentola, ma soprattutto per il rischio di perdita di frammenti sia del rivestimento che del sottostante alluminio che è dannoso alla salute.
Il teflon di per se, essendo un materiale inerte, non è nocivo ma negli ultimi tempi si è visto spodestare da rivestimenti in ceramica che sono assolutamente sicuri e che garantiscono una maggiore resistenza all’usura.