Se cinque anni fa mi avessero detto che avrei avuto un figlio adolescente e che avrei dispensato consigli su come gestire l’adolescenza, mi sarei messa a ridere. Gli avrei proprio riso in faccia.
Mi sono divertita a lavorare con i ragazzi più grandi, quando ero giovane, certo. All’università ero consulente del campo estivo e dopo la laurea ho lavorato a stretto contatto con studenti universitari per diversi anni. Ma i bambini non erano il mio genere. Nella maggior parte dei casi, non lo sono ancora. Ma qualcuno lassù ha il senso dell’umorismo.
Dopo essermi trasferita in Libano alcuni anni fa per lavorare con bambini e adolescenti maltrattati, abbandonati e trascurati, ho iniziato a leggere tutto ciò che potevo trovare sui metodi per aiutare i bambini che avevano avuto un’infanzia difficile o addirittura traumatica alle spalle. Ho chiesto consigli ai counselor e ad altri con esperienza pertinente (come i genitori facenti parte del sistema di affido terapeutico).
Leggo libri di psicologi e neurologi, specialisti in terapia e sviluppo infantile, genitori e consulenti di tutti i tipi. Leggo per ogni genitore, per genitori affidatari, per le persone che lavorano con adolescenti ad alto rischio, per gli insegnanti e per i genitori che attualmente hanno bambini in situazioni delicate.
Sto ancora leggendo.
Ed ecco cosa ho trovato. Indipendentemente dalla specializzazione dell’autore, dallo scopo per cui scrivono o dal loro approccio, tutto punta ad un unico problema:
Connessione.
Connettersi con gli adolescenti non è facile. Se lo fosse, non ci sarebbero tanti libri sull’argomento e non staresti probabilmente leggendo questo articolo. Ma riconoscere che tutte le strade portano alla connessione, semplifica il nostro pensiero e ci aiuta nelle quotidiane interazioni con i nostri figli.
In fondo imparare a connettersi con i nostri figli adolescenti è una dolce magia: puoi fallire tante altre cose e alla fine avere un bel rapporto con i tuoi figli e i tuoi figli possono sopravvivere alle dure prove che la vita gli butta addosso.
Condividerò con voi alcune convinzioni e mentalità comuni che meritano il nostro esame. Molti di noi non hanno mai messo in dubbio le convinzioni che ci portiamo appresso da sempre, e se il nostro nord non è il vero nord, finiremo per sbagliare strada.
Non c’è modo che io possa condensare tutto quello che ho imparato negli anni in questo articolo. Non riuscirei a farlo nemmeno in due settimane di incontri. La mia speranza è di stimolarti a vedere le cose da un nuovo punto di vista, e di aiutarti ad avere nuove esperienze con i tuoi figli che ti incoraggino ad approfondire la magia della connessione.
Forse il rapporto con tuo figlio è già meraviglioso. Hai una grande connessione con lui e di conseguenza anche lui sente di avere una profonda connessione con te.
Se questo è il tuo caso, puoi smettere di leggere.
Ma se sei come la maggior parte di noi, sospetti che le cose potrebbero andare meglio con tuo figlio. E tu desideri che vadano meglio. Se questa sei tu, continua a leggere.
Quindi ecco da dove inizieremo, sette convinzioni da riesaminare nella nostra ricerca di connessione.
1) Il cattivo comportamento esterno è segno di uno stress interno.
Proprio come i nostri passi falsi, il cattivo comportamento dei nostri figli è segno che qualcosa non quadra. Quando tuo figlio è stressato, spaventato, confuso o ansioso, vuol dire che ha bisogno del tuo amore incondizionato più che mai.
La prossima volta che tuo figlio si comporterà male, chiediti cosa gli sta succedendo.
Qualcosa che ha a che fare con la scuola? Un cambiamento di vita che non sono in grado di elaborare? Fame? Ormoni? Delusione? Invece di vederlo come “cattivo” o “sbagliato”, ricorda a te stesso che sta male o è confuso.
Il suo comportamento esterno è un riflesso di ciò che sta accadendo all’interno. In questo momento, sii suo alleato contro questo mondo ingannevole e incasinato.
2) I bambini e i ragazzi, fanno bene se ne sono in grado
Tutti noi desideriamo che gli altri pensino di noi che siamo fantastici. Non ci sentiamo bene quando ci capita di trattare qualcuno in modo scortese e davvero non ci piace per niente sembrare stupidi di fronte agli altri. I bambini e i ragazzi adolescenti sono uguali.
Se i nostri figli hanno le competenze di cui hanno bisogno e in quel momento hanno le risorse interne per accedere a quelle abilità, lo faranno. Se i nostri figli non stanno facendo bene, è perché mancano loro delle competenze o sono al limite in termini di ciò che possono fare per autoregolarsi, o perché hanno bisogni insoddisfatti.
Se il tuo adolescente in questo momento sta fallendo in una particolare area o nel suo comportamento, è perché gli manca qualcosa. La buona notizia è che puoi fornirgliela tu quella cosa o puoi aiutarlo a trovarla! Ma non è solo una questione di loro che vorrebbero far meglio. Manca loro qualcosa, e se potessero averla, probabilmente lo avrebbero già fatto. I bambini fanno bene, se possono.
3) I ragazzi desiderano una connessione
Delle affermazioni in questa lista, questa è quella sulla quale all’inizio ero più scettica.
In casa mia, capita ogni tanto di avere dei diverbi e delle discussioni. In giorni come quelli, sembrerebbe che l’ultima cosa che mio figlio desidera sia io.
Ma dal momento che ogni libro che leggevo su questo argomento, insisteva sul fatto che ciò che gli adolescenti vogliono veramente è la connessione, qualche tempo fa ho scelto di adeguarmi. E sono rimasta stupìta.
Il tuo adolescente potrebbe farti uscire di testa. Potresti non sapere come connetterti con lui. Se ultimamente la relazione con lui è stata pesante, potreste non essere ancora pronti per ricostruirla. Ma lui vuole te e ha bisogno di te.
Da adolescenti, si fanno ogni genere di domanda su cosa significhi essere quello che sono. Stanno scoprendo chi sono a prescindere da chi sei tu o da chi (pensano) che tu genitore vuoi che loro siano. Stanno cercando una nuova indipendenza dal momento che saranno presto adulti (tienilo a mente!) Ma hanno bisogno del tuo aiuto. E hanno letteralmente bisogno di connettersi con te.
Poichè mio figlio non ha avuto una madre durante la sua prima infanzia, mi metto vicino a lui ogni notte mentre si addormenta. La scorsa notte sono entrata nella sua stanza con uno sguardo amorevole. Ho mantenuto il mio approccio anche se avevamo avuto una brutta litigata poche ore prima.
Mi sono seduta sul bordo del letto e ho detto: “So che oggi è stata una giornata difficile. Ma ti voglio sempre un mondo di bene.” Mi ha fatto spazio, e si è messo di spalle facendomi capire che desiderava un po’ di grattini.
Oggi siamo sereni. Se gli chiedo qualcosa mi risponde tranquillamente e non si mette in contrasto con me. È giocoso e disinvolto. E sai cosa? Gli piace molto di più sentirsi così.
I nostri ragazzi vogliono connettersi con noi e ci proveranno se si sentiranno liberi di farlo. È difficile da credere, ma è vero.
4) La disciplina non è la risposta.
Impostare dei limiti e fargli comprendere le conseguenze dello sforamento di questi limiti va benissimo. Ma la disciplina severa (ad esempio mettere in atto delle punizioni per frenare i comportamenti indesiderati) non è la risposta.
Siamo cresciuti con la disciplina. Ogni sistema che abbiamo vissuto all’interno delle nostre intere vite, dalla famiglia alla scuola, presuppone che la disciplina sia il modo per frenare i comportamenti indesiderati. Ma è così?
Punire i nostri figli piccoli o adolescenti li aiuta a migliorare il loro comportamento? Li aiuta a prendere decisioni migliori? Li aiuta a diventare persone migliori? Gli studiosi di questa tematica dicono di no. Inoltre, ci sono evidenze che suggeriscono come gli approcci alternativi facciano invece raggiungere questi obiettivi.
Questo articolo non riguarda l’educazione degli adulti; riguarda invece il connettersi con i bambini e i ragazzi (cosa che aiuta a farli diventare degli adulti sereni, ma questo è non è il punto). Le punizioni che infliggeremo ai nostri figli, tuttavia, metteranno un cuneo tra noi e i nostri adorati figli.
Con la disciplina punitiva, i nostri ragazzi si sentono incompresi, provano un senso di ingiustizia e percepiscono che stiamo cercando di controllarli. Reagiscono di conseguenza, e la distanza tra noi cresce.
Ma la maggior parte degli approcci alternativi incoraggia la connessione invece di interromperla. Se potessimo avvicinarci ai nostri ragazzi invece di provocarli e farci tagliare fuori dalla loro vita, specialmente se la nostra nuova modalità è in grado di raggiungere i nostri scopi meglio della punizione, perché non dovremmo considerarla?
5) I ragazzi non sanno perché lo fanno.
Qualunque cosa sia, non sanno perché lo stanno facendo.
Capita anche a noi, non è vero? Potremmo cercare di capire perché siamo scappati durante quella conversazione martedì scorso, ma non lo facciamo. Sappiamo che eravamo veramente arrabbiati e magari lo eravamo. Ma perché i nostri filtri hanno fallito in quel preciso momento? Non lo sappiamo E naturalmente anche i nostri figli non lo sanno.
La differenza tra noi e i nostri ragazzi è che non hanno gli anni o le competenze o lo sviluppo neurologico completo per arrivare a quello che potremmo ottenere se ci provassimo davvero. Quindi davvero, davvero, dovremmo dare loro una tregua.
Chiedere ai bambini perché hanno fatto qualcosa li fa semplicemente sentire stupidi, una sensazione che avvertono già troppo spesso anche senza il nostro intervento. Non chiedere loro perché continuano a fare quella cosa. Loro non lo sanno.
6) Non c’è niente di male a sentirsi arrabbiati.
Non c’è niente di sbagliato nel fatto che tuo figlio sia arrabbiato. O frustrato. O ansioso. O deluso. Non è sbagliato nemmeno per te avvertire questi sentimenti negativi, anche nei confronti dei tuoi figli o del loro futuro.
Ma sia nei confronti dei nostri figli che di noi stessi, spesso reagiamo con un “Cosa c’è che non va in te!” Quando un “Capisco che questa cosa ti ha deluso. Ma va bene sentirsi delusi, non c’è niente di male in questo” sarebbe più gentile e generoso.
Ancora più importante, il primo atteggiamento ci mette l’uno contro l’altro mentre il secondo lascia spazio anche a noi per accettare serenamente l’imperfezione. Quando i nostri figli sentono che è normale essere imperfetti, si sentono accettati. E l’accettazione è un modo potente per connettersi.
7) Dobbiamo imparare a tollerare il nostro disagio.
Gli adulti dovrebbero essere in uno stato d’animo sereno prima di entrare in conversazioni potenzialmente emotive con i loro figli. Lo sappiamo già.
Quando siamo stressati o arrabbiati o eccessivamente stanchi o nervosi e assenti, è probabile che ci capiti di strafare nei confronti dei nostri figli. L’ho sperimentato circa 10.492 volte con i bambini con cui lavoro, e qualche volta mi è successo con mio figlio.
Recentemente ho letto qualcosa che mi ha sconvolto. La dott.ssa Shefali Tsabary scrive: il punto sui sentimenti è che non devono avere senso, non hanno bisogno di essere giustificati e non richiedono la nostra approvazione. Poiché siamo così orientati all’intellettualizzazione, vogliamo spiegare i sentimenti invece di permettere ai nostri figli di sperimentarli semplicemente. Il problema è il nostro stesso disagio, che dobbiamo imparare a tollerare.
“Il problema è il nostro stesso disagio, che dobbiamo imparare a tollerare”.
Oh santo cielo. SÌ!
Quando mio figlio è in crisi, voglio che smetta perché sono a disagio. Ma quella parte non ha nulla a che fare con lui, eppure questa è la vera ragione per cui sono tentata di provare a controllare la situazione con un po’ di disciplina che non aiuta e anzi, spesso peggiora la situazione.
Dobbiamo imparare a tollerare il nostro disagio.
E’ tanta roba, lo so. Ma dobbiamo iniziare a strappare le erbacce se vogliamo che le piante prosperino, e queste indiscusse convinzioni stanno soffocando molti degli sforzi che facciamo con i nostri ragazzi.
Ho una sfida per te. Una semplice!
Delle sette convinzioni sopra elencate, scegli quella che attira immediatamente la tua attenzione. Questa settimana, ricordala spesso (i promemoria cartacei o digitali possono aiutarti) e scopri se qualcosa migliora nel rapporto con tuo figlio. E se succede, fammelo sapere nei commenti, mi farebbe davvero piacere!
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Forse non ci crederai, ma leggere questo articolo mi ha fatto sentire un genitore migliore di quel che credo di essere.
La mia difficoltà maggiore è provare disagio per alcuni comportamenti di mio figlio, ad esempio i fallimenti scolastici. Ho piena consapevolezza che sia una mia difficoltà ma spesso non riesco a gestire la delusione.