Mi domando quanto tempo ancora sia necessario affinché ci si renda conto del lento stillicidio della creatività dei nostri ragazzi.
Del subdolo invito ad allontanarsi dall’essenza delle cose, dell’infelice disegno onnipotente di distruzione del pensiero critico. Provo dolore nel constatare quanto silenzioso e potente sia il processo che porta a completa lobotomizzazione creativa di questi piccoli uomini così ricchi di curiosità per ciò che li circonda, con l’innato germe creativo e l’imprinting di un problem solving che noi paghiamo oro con corsi ad hoc.
Mi fa tristezza constatare l’indebolimento graduale dei sensi; essi che hanno occhi ben aperti per osservare e dedurre, cuore per poter leggere la bellezza e mancanza di pregiudizio, per potersi esprimere onestamente nelle relazioni. Quanto tempo ancora? Si è mai considerato l’effetto devastante di tutto ciò? No, di certo, lo abbiamo già quotidianamente sotto gli occhi e dunque per effetto dell’abitudine non ce ne accorgiamo. Siamo parte del gioco. Attori nel medesimo palcoscenico dell’inconsapevolezza.
Ma l’aspetto che più mi preoccupa e logora, a tal punto da somatizzarne l’effetto in sintomi simili all’ulcera perforante, è il precoce allontanamento dalla Poesia. Poesia come puro piacere, come gioia, dolore e le mille sfumature in mezzo. L’allontanamento segue un andamento direttamente proporzionale agli anni che vengono trascorsi sui banchi di scuola e sui tavoli della cucina del pomeriggio, e conduce al totale annichilimento delle facoltà percettive di riconoscimento della bellezza e del suo valore sociale, causa di tutti i mali.
Non me ne vogliate docenti all’ascolto, ma risvegliatevi. Genitori, disincantatevi. Quando per compito viene assegnata una poesia e la scelta ricade su un classico immortale, dalla bellezza senza tempo, come poter pretendere, che essi ne apprezzino l’intensità, la musicalità, il ritmo o l’intimo piacere della prima lettura; come poter pretendere di accendere e mantenere in questi ragazzi il desiderio, se quello che propongo è una scheda con un‘ infinità di domande guidate ai fini di una sterile, razionale, dissennata, asettica analisi del testo. Come se esso fosse solo linguistica, metrica, e tutte le figure retoriche in essa contenute?
Ecco che imbrigliando il piacere in linee guida sterili, versi pret-a-porter da dover continuare tra paletti suggeriti di contenuto e forma, sono pur certo di aver contribuito ad erigere muri alla fantasia, filo spinato alla sensibilità individuale e distanze incommensurabili da quegli stessi versi, per sempre.
Questo è quello che succede obbligando un bambino ad un compito del genere: che questa poesia muore ogni giorno un po’ di più. E con essa un’intera generazione! Amen.