Affidamento condiviso: criteri in linea teorica


Buongiorno,

le scrivo in quanto sono mamma di una bellissima bimba di due anni. Appena rimasta incinta e iniziata la convivenza ho potuto accertare che il mio compagno (medico come me) faceva uso quotidiano di droghe leggere. Dopo aver tentato di dissuaderlo ed essere stata derisa in quanto"troppo borghese", me ne sono tornata dai miei genitori, dove ho portato a termine la gravidanza (ho partorito a 42 anni).

Lui ha dato il nome alla bimba e dopo aver chiesto il test del DNA, che io ho fatto per il bene della mia bimba, ha iniziato a pretendere spostamenti assurdi (lui abita a Mestre, mentre io a Bologna con i miei) per l’età di nostra figlia, che allora aveva cinque mesi. Un giorno poi mi ha mandata fuori casa alle 13, perche avendo anche problemi di tipo psicologico, con sbalzi improvvisi d’umore e depressione, stava troppo male e ha voluto che io e la bimba, che non aveva ancora mangiato, uscissimo di casa. Mi sono ritrovata in autostrada alle 13 di un giorno di giugno del 2008.

Comunque, premesso che non gli ho mai impedito di venire a vedere la bimba (viene in media una volta la settimana, certe volte minacciando o alzando la voce) ora è andato in tribunale, ma ancora dopo l’udienza preliminare col giudice non è arrivato alcun decreto. Lo stiamo aspettando già da marzo.

Sicuramente ci sarà l’affido condiviso, come forse è anche giusto che sia, ma la domanda è: non è ancora troppo piccola la bimba, per essere sballottata ogni 15 giorni da Bologna a Mestre? Certo è importante la figura del papà, ma non è anche importante la stabilità e un po’ di quella sana e genuina tranquillità con cui siamo cresciuti noi? Va bene il diritto dei papà e dei bimbi, ma la figura di riferimento a questa età è innegabile che sia ancora la mamma, come è stato per tutti noi che siamo cresciuti in famiglie di altri tempi. Questi piccoli si stanno costruendo ancora una personalità.

 
Inoltre, il tribunale dei minori può dare in mano a una persona con tanti problemi di tipo psicologico una bimba così piccola? Anche i suoi sono separati, e molto male, tanto che la mamma a distanza di 20 anni è ancora in cura dallo psichiatra.

La ringrazio di cuore.

Monica

Cara Monica,

per rispondere alle tue domande occorrerebbe fare una disamina complessiva dell’istituto dell’affidamento condiviso nonché una carrellata delle prassi dei vari Tribunali in tema di modalità concrete di frequentazione tra genitori e figli in regime di affidamento condiviso.
Non basterebbe un volume intero e quindi non posso essere esaustiva nella mia risposta.
Posso dirti che il Tribunale, nel valutare le modalità di cui dicevo, tiene in considerazione prima di tutto le esigenze e l’interesse del minore, che significa prendere in esame l’età, le abitudini, gli impegni scolastici ed extrascolastici, i rapporti con i genitori e tutta una serie di fattori che non è possibile ridurre in elenco. Poi si valutano anche le situazioni personali e professionali dei genitori, la distanza di residenza tra l’uno e l’altro, e così via. Come linea di principio, inoltre, il Tribunale ha a cuore la sana crescita psico-fisica del minore e, conseguentemente, il garantire allo stesso una certa stabilità, nei limiti in cui ciò sia possibile in seno ad una crisi familiare e alla conseguente "separazione" dei genitori.

Tua figlia è indubbiamente molto piccola e non credo che una modalità di frequentazione genitoriale improntata sulla simmetrica divisione del tempo tra i due genitori possa giovarle, per cui in genere – ma sempre senza pretesa di escludere la possibilità che il tribunale disponga diversamente – i periodi di assenza della madre sono ridotti al minimo, tant’è che in buona parte dei casi si dispone la residenza prevalente del minore con la madre. Man mano che il bambino cresce, si possono allungare i tempi, durante i quali lo stesso sta lontano dalla madre.
Questo in linea teorica e in base a ciò che con maggiore frequenza si riscontra nei provvedimenti del Tribunale. Tuttavia ogni decisione deve essere presa caso per caso, non si può prescindere da tutta quella serie di fattori, a cui accennavo, ed è quindi impossibile elaborare regole o criteri universali.

Quanto ai presunti disturbi psicologici del tuo ex compagno, se vorrai potrai farli valere in sede di procedimento per l’affidamento, tenendo però bene in considerazione le implicazioni che ciò comporta. Infatti, quando viene sottoposta all’attenzione del Tribunale una situazione che, in qualche modo, può anche solo potenzialmente essere pregiudizievole per il minore, il Tribunale attiva una serie di cautele, coinvolgendo periti e, a volte, l’assistenza sociale affinché possano rendere un parere specialistico sui soggetti coinvolti nella vicenda, al fine di poter assumere i provvedimenti più idonei a tutelare il minore.
Ti consiglio quindi di valutare in modo obiettivo se questa altalena umorale del tuo ex compagno possa essere significativa sotto il profilo della sua attitudine a prendersi cura della bambina, tanto più che sei un medico e quindi sicuramente potrai guardare questa situazione con occhio scientifico, prima di decidere se sottoporla all’attenzione del Tribunale o meno.

Buona fortuna.

Avv. Chiara Donadon

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