Campanelli d’allarme

Gentile dottoressa, 
volevo chiederLe se è possibile riassumere in breve quali sono i campanelli d’allarme, concreti e osservabili da una mamma- sia a livello fisico che comportamentale – rispetto alla salute del proprio bimbo di pochissimi mesi, in quali casi consultare la pediatra e in quali ricorrere direttamente al PS pediatrico.
Il mio bimbo ha un mese e mezzo e, a causa della sorella in età da scuola dell’infanzia, esposto a minaccia costante!
La ringrazio
Elisa



Io comincerei col sostituire la parola “minaccia” con la parola
“opportunità”. Il tuo bimbo, che penso sia quello della foto, pare in ottima
salute e di ottimo umore, pertanto, anche se è molto probabile che venga
precocemente a contatto con virus e batteri generosamente regalati dalla
sorella che frequenta l’asilo, saprà come cavarsela egregiamente e uscirà
vincitore dalle varie battaglie. Per di più, quando sarà venuto anche per
lui il tempo dell’asilo, il suo sistema immunitario si sarà fortificato e
saprà resistere meglio di altri bambini. Ricorda sempre che nei primi tre
mesi di vita i lattanti godono ancora di una certa immunità trasferita
passivamente dalla placenta e, se sono allattati al seno, di anticorpi e
fattori antinfettivi provenienti dal latte materno. Fino al sesto, ottavo
mese, quindi, possono dirsi relativamente protetti. Ma, ritornando alla tua
domanda: i sintomi che dovrebbero preoccupare una mamma in caso di malessere
o malattia del bambino sono, in poche parole, tutti quelli che modificano in
modo sostanziale il comportamento, lo stato di vigilanza e l’aspetto
abituale del piccolo. Pertanto non è una febbre di per sé, per alta che
possa essere, a dover preoccupare se il bimbo mostra di stare
accettabilmente bene, di voler ancora mangiare anche se con meno appetito e
soprattutto di voler bere mentre o di avere voglia di sorridere e giocare;
anche in assenza di febbre, dovrebbero preoccupare una difficoltà
respiratoria con respiro affannato e/o superficiale, un pallore eccessivo,
uno stato di sonnolenza non consueto o, al contrario, uno stato di
agitazione non abituale, un pianto flebile e lamentoso, diverso dal solito
o, al contrario, di tipo irritativo, con una tonalità diversa; una diarrea
acquosa profusa con scariche molto frequenti, più di tre in tre o quattro
ore di osservazione; un colorito eccessivamente pallido, una ipotonia
diffusa ..insomma, anche in assenza di un sintomo preciso o riferibile ad un
malessere ben definito, deve preoccupare tutto quello che modifica
sostanzialmente l’aspetto, l’umore e il comportamento di un bambino.In caso
di dubbio, non vi sono tabelle o protocolli da seguire: l’ansia di una mamma
si placherà soltanto dopo una visita e pazienza se il responso sarà
“signora, poteva anche evitare di venire perché il bimbo non ha nulla di
serio”: una visita in più non è mai un errore mentre lo è sempre una visita
in meno. Mese dopo mese imparerai a conoscere bene il tuo bimbo e a fidarti
sia di lui e delle sue capacità di reazione che di te e delle tue capacità
di intuizione e inquadramento della situazione. Ogni figlio è unico e come
tale deve essere trattato. L’esperienza vera e importante non si acquisisce
al secondo figlio, ma dopo almeno tre o quattro così come un buon medico,
anche se preparatissimo dal punto di vista teorico, inizia a sentirsi sicuro
nella sua professione dopo anni e anni di pratica, non immediatamente. In
medicina, poi, uno più uno non fa mai due, o per lo meno non fa sempre due
ed è questo il motivo per cui serve pratica ed esperienza. Per il mestiere
di mamma è la stessa cosa: i libri e i consigli di parenti ed amici servono
al 50% se non di meno.

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