Essere mamma di un bambino con ADHD è dura

C’è stato molto rumore attorno alla canzone che Daniele Silvestri ha portato a Sanremo, “Argento Vivo“,  una canzone che tratta il tema dell’ADHD. Il testo della canzone è molto duro, e lancia forti accuse a genitori, medici e insegnanti. Ma cosa vuole dire essere genitore di un bambino con adhd? Ho deciso di raccontarvi la mia esperienza.

https://www.youtube.com/watch?v=ijH-zDO6WTc

Ci sono molte difficoltà che ho dovuto affrontare come madre, ma devo dire che essere mamma di un bambino con ADHD è la cosa più difficile che mi sia capitata.

Cos’è l’ADHD?  Si tratta di un disturbo da deficit di attenzione/iperattività (attention deficit hyperactivity disorder) è un disturbo del neurosviluppo caratterizzato da problematiche nel mantenere l’attenzione, eccessiva attività e/o difficoltà nel controllare il proprio comportamento (impulsività) che non appare adeguato all’età della persona.

Che vuol dire avere un bambino con ADHD

bambino con adhd

Da quando mio figlio ha iniziato a camminare, non si è più fermato un attimo. Anche sedersi a tavola per cena era difficile per lui. Non ha mai voluto stare seduto a colorare, né fare qualsiasi altro tipo di attività che lo tenesse fermo.

Ho sempre creduto che fosse la sua personalità. Era curioso, brillante e pieno di energia. Non ho mai nemmeno pensato che potesse esserci qualcosa di sbagliato.

E poi ha iniziato l’asilo.

Fin dal primo giorno, il mio bellissimo e brillante bambino, che amava imparare cose nuove e non vedeva l’ora di fare amicizia, era costantemente nei guai. Non finiva i lavoretti assegnati. “È troppo difficile”, diceva. “È troppo noioso. Non mi piace la scuola. Voglio solo giocare. “

Ho parlato con lui delle aspettative per la scuola, di come desideravo il meglio da lui perché sapevo di cosa era capace. Ho provato a punirlo per il cattivo comportamento a scuola. Ho provato a premiarlo quando si comportava bene. 

Niente ha funzionato

Il giorno in cui ho deciso di sottoporlo a test neuropsicologici sarà per sempre impresso nella mia mente.

Mio figlio aveva passato una brutta giornata a scuola. Aveva iniziato a piangere non appena salito in macchina. “Sono un cattivo bambino, mamma” disse. “Non voglio essere un cattivo bambino. È colpa del mio cervello che mi dice di fare cose cattive. ”

Ricordo di aver pensato a storie che avevo sentito riguardo a bambini con ADHD e delle connotazioni negative associate alla loro condizione. Ricordo le critiche nei confronti dei genitori che avevano scelto di curare i loro figli con i farmaci.

Non può essere che questa cosa sia successa proprio a noi, ditemi che non è vero. 

E invece era vero.

Dopo dozzine di ore passate negli studi medici, sono arrivati i risultati che temevo: mio figlio era affetto da ADHD.

Dare i farmaci o no? Un dubbio che tortura l’anima

Lo psicologo mi disse che mio figlio avrebbe avuto beneficio da un trattamento farmacologico, e così abbiamo trovato un pediatra specializzato in ADHD che ha iniziato a esplorare le opzioni disponibili.

Non dimenticherò mai le osservazioni di alcuni membri della mia famiglia quando scoprirono la diagnosi e la cura. “Perché stai drogando tuo figlio?” mi chiesero.

Era una domanda con cui, dentro di me, lottavo costantemente. Stavo facendo la scelta giusta? Il farmaco gli avrebbe fatto male? Sarebbe stato lo stesso bambino? 

Alla fine, lessi la testimonianza di una persona in un forum per genitori di bambini con difficoltà di apprendimento che mi fece capire che quella era la decisione giusta per mio figlio.

“In quanto adulto che vive con l’ADHD, voglio condividere il mio pensiero”, scriveva. “Mi fa male al cuore quando vedo genitori amorevoli che fanno di tutto per evitare le medicine, quando conosco in prima persona che inferno è l’ADHD “.

“Non scherzo quando dico che evitare i farmaci e le terapie a un bambino affetto da ADHD non è diverso dall’evitare di fornire l’insulina a un diabetico o la sedia a rotelle a qualcuno che non può camminare. Non importa quanto siano buone le intenzioni, non importa quanto sia amorevole la decisione, è dannosa e gli effetti a lungo termine su un bambino sono oltremodo spaventosi“.

E continuava raccontando di amici nelle stesse sue condizioni che, non essendo stati trattati farmacologicamente, avevano finito per abusare di droga e alcol, e persino suicidarsi. 

Mai vorrei che questo possa accadere a mio figlio. Quindi ho deciso di provare i farmaci. Abbiamo iniziato con una dose bassa per testare e vedere come rispondeva.

Gli esiti del trattamento farmacologico per l’ADHD

La differenza in mio figlio dopo la sua prima dose di farmaci per l’ADHD è stata sbalorditiva. Poteva controllare il suo corpo. Poteva articolare i suoi pensieri. Effettivamente, trascorse un viaggio di tre ore in auto facendoci domande non-stop  a partire da “Perché il cielo è blu?” a “Perché scorre il sangue nel corpo?” e questo ci fece capire che poteva sentire i propri pensieri. Il suo cervello aveva smesso di turbinare. 

Si sentiva bene, e finì l’anno scolastico senza problemi comportamentali. Non solo, conseguì persino un premio come studente modello. Era qualcosa che non avrei mai immaginato possibile all’inizio dell’anno.

È passato un anno e posso dirti che il nostro viaggio con l’ADHD è appena iniziato. È un nuovo anno scolastico, con nuovi insegnanti e nuove sfide. Bisogna regolare i dosaggi dei farmaci, provare nuovi farmaci e chiedersi costantemente –  Stiamo facendo la cosa giusta? 

Abbiamo speso centinaia di euro in aggeggi che dovrebbero rendere questo compito un po’ più facile – una coperta pesante per aiutarlo con il sonno, l’orologio Octopus (uno smartwatch che insegna ai bambini le buone abitudini), e tanto altro ancora.

C’è insicurezza, c’è giudizio dal mondo esterno, c’è stanchezza da notti insonni, e c’è frustrazione per un bambino che sembra non ascoltare mai quello che dici. 

Ma nonostante tutto questo, mi dico – ne vale la pena. La sua felicità ne vale la pena. La sua salute ne vale la pena. 

Ho un bravo bambino. E ne vale la pena. 

 

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2 commenti su “Essere mamma di un bambino con ADHD è dura”

  1. Sono una donna di 30 anni a cui è stato diagnosticato l’ADHD, purtroppo soltanto in età adulta.
    Questa cosa ha segnato in maniera irreversibile la mia vita, e non per il meglio. Vorrei davvero tanto che quei farmaci li avessero dati anche a me.
    Non puoi nemmeno immaginare da quale inferno stai salvando tuo figlio.

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