Un pomeriggio nello studio del dottore

 
 
È stato ieri. Quando si va dal mio medico ci vuole un pomeriggio. Perché è bravo e scrupoloso, visita tutti, si prende il tempo per i suoi pazienti.

Siamo arrivate alla 16, Sveva e io, col passeggino e il mei tai nella borsa. Un gentile ragazzo sudamericano mi ha aiutata portando su il passeggino mentre io tenevo Sveva.

Siamo entrate, lo studio era già pieno. Ho dato un po’ di frutta a Sveva che intanto si guardava intorno elargendo sorrisi a destra e a manca. Una nonna ha attaccato bottone, poi si è unita una donna burbera ma di cuore a cui Sveva ha fatto un sacco di moine.

Dopo un po’ si è stufata e l’ho messa a terra, nonostante gli sguardi di disapprovazione delle due nonne. E lei è partita a gattoni, è arrivata fino alla sedia di una donna africana, le ha appoggiato le mani sulle ginocchia, si è tirata in piedi, le ha piantato gli occhioni sul viso, le ha toccato le mani e poi le ha regalato un gran sorriso.

Abbiamo scoperto che si chiama Noelle, che ha 3 figlie e vorrebbe un maschietto e che un anno e mezzo fa è stata investita mentre attraversava la strada sulle strisce, investita da un italiano che andava di fretta. Ha perso il lavoro, è stata operata e ancora ha un sacco di problemi, ma sta bene ed è viva.

Sveva ha allunga le braccia, si è fatta prendere in braccio per guardare più da vicino quel viso dalla pelle scura. Poi è voluta scendere ed è andata ad arrampicarsi sulle gambe di una bella ragazza marocchina dai lunghi capelli che è qui con tutta la sua famiglia e che l’ha presa e ha iniziato a farla andare a cavalluccio sulle sue gambe mentre Sveva rideva felice.

Poi ha iniziato a giocare con una ragazzo italiano, giovane, che per farla divertire si nascondeva dietro la porta e poi riappariva; a un certo punto -era in braccio a me- si è messo a indicarlo allungando le braccia, ha voluto andare in braccio anche a lui.

Poi è stato il turno di due sorelle dell’Ecuador, di 15 e 17 anni: la loro mamma ha la mia età ed è rimasta nel loro paese, mentre loro sono qui col padre. Sentono la mancanza della mamma e allora abbiamo parlato un po’ mentre loro coccolavano Sveva e io "coccolavo" loro a parole, capendo solo in parte la loro malinconia.

E poi c’è stata la nonna cinese che non parlava italiano ma che aveva occhi svegli e vispi e faceva un sacco di versetti a Sveva, ha guardato bene il mei tai per vedere come fosse fatto, mei tai rubato alla loro tradizione.

E un’altra ragazza sudamericana la cui borsa ha catturato l’attenzione di Sveva e mentre c’era ha fatto un giro anche in braccio a lei.

E la bella Viola, una diciannovenne di quelle col viso bello e pulito come quasi non se ne vedono più, che forse si iscriverà a fisica ma ha paura di sbagliare a scegliere facoltà, l’ho rassicurata come ho potuto.

Poi è iniziato qualche discorso da bar, di quelli in cui le ragazze vanno in giro vestite così "e poi sì che le violentano" e che sono tutti cafoni "perchè è colpa del genitori". Io non ho potuto tacere e ho fatto presente che comunque la violenza non va sdoganata nè giustificata e che è vero, forse la colpa è dei genitori, ma questi genitori sentono sempre e solo critiche ma non c’è nessuno che li aiuti a fare meglio di così e credo di essermi guadagnata un po’ di rispetto, nonostante tutto.

E insomma, siamo state là dentro quattro ore. Forse avrei potuto chiedere di farmi passare e forse qualcuno avrebbe potuto offrirsi, ma si stava così bene, persi in chiacchiere, con una bimba che non si è mai lamentata. Una bimba che a un certo punto mi si è arrampicata sulle ginocchia per venire a poppare sotto lo sguardo stupito ma compiaciuto della nonna che avevo di fronte. "Prende ancora il latte della mamma", e lì ci siamo messe a parlare un po’ dell’allattamento e del parto ed è venuto fuori che 42 anni fa ha avuto il suo primo con cesareo perchè podalico e quando è rimasta incinta del secondo ha chiesto se sarebbe stato necessario un altro cesareo e "il professore" le ha detto che non ce n’era bisogno. Un VBAC 40 anni fa, che lei ha raccontato come il più bel parto del mondo. Che tenerezza.

E insomma, basta, sono uscita di lì un po’ più ricca come sempre, guardando la mia bimba che era esausta e si è addormentata appena abbiamo fatto tre passi.
E mi sono detta che sono proprio fortunata ad essere la sua mamma, la mamma di lei che non vede sesso, colore, età e che si butta felice tra le braccia del mondo.

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