Mia moglie è nata quasi 50 anni fa dall’unione di due cugini di primo grado (intendo figli di due fratelli); la procreazione decisa consensualmente dai due cugini, non ottenne di forzare il consenso al matrimonio da parte della famiglia e a seguito di ciò ci fu l’abbandono da parte del padre a discapito della madre e della neonata. A distanza di tanto tempo, benché mia moglie abbia la sua famiglia e figli suoi, soffre ancora per l’ingiustizia di quell’abbandono: sua madre ora anziana, che non è stata in grado di agire legalmente in nessun modo anche perchè tutta la famiglia si era schierata contro di lei, ha comunque cresciuto da sola sua figlia. Vi chiedo di prospettare i modi e i tempi di una richiesta, ancorché tardiva, di riconoscimento presso il padre tuttora vivente, sposato, con una sua famiglia che mai più si è fatto sentire dal giorno della fuga.
Grazie.
Biro
Caro Biro,
la legge italiana ancora oggi vieta il riconoscimento dei figli incestuosi (art. 251 codice civile) ossia di quei figli nati da persone tra le quali esiste un vincolo di parentela in linea retta all’infinito e in linea collaterale nel secondo grado (quindi, in quest’ultimo caso, fino ai cugini di primo grado quali sono i genitori di sua moglie).
Nonostante la Corte Costituzionale abbia dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 278 comma 1 codice civile – ossia la norma che regola la prova della paternità e della maternità – nella parte in cui esclude tali indagini nei confronti dei figli incestuosi, il divieto permane cosicché ad oggi ai genitori non è consentito riconoscere i figli nati dalla loro relazione "incestuosa", se non nei casi previsti dallo stesso art. 251, ossia quando i genitori, al tempo del concepimento, ignorassero il vincolo di parentela o in caso di nullità del matrimonio da cui derivi il rapporto di affinità. Se uno solo dei due genitori era in buona fede, solo lui potrà eseguire il riconoscimento.
Quindi allo stato nessuno dei due genitori potrebbe effettuare il riconoscimento della figlia.
Quanto alla possibilità per sua moglie di proporre l’azione di riconoscimento giudiziale della maternità e della paternità, va detto che il primo comma dell’art. 269 stabilisce espressamente che l’azione è esperibile solo nei casi in cui è ammesso il riconoscimento.
Tale norma, ancora in vigore, lascia intendere che nemmeno l’azione ex art. 269 c.c. è esperibile dai figli incestuosi, stante il permanere del divieto di riconoscimento ex art. 251 c.c.
E ciò nonostante la Corte Costituzionale abbia riconosciuto l’incostituzionalità della norma, prevista in tema di prova della paternità e della maternità, che escludeva le relative indagini in caso di filiazione incestuosa.
Ne consegue che ad oggi la disciplina in materia presenta ancora forti dubbi e forti contraddizioni, e non è esente da dubbi di legittimità costituzionale per violazione del diritto allo status filiationis nonché del principio costituzionale di uguaglianza.
Sarebbe auspicabile che qualcuno proponesse l’azione per sollevare ancora una volta la questione di legittimità costituzionale dell’art. 251, peraltro già sollevata ma senza l’esito sperato, e dell’art. 269 comma 1, nella parte in cui limita l’accertamento giudiziale della paternità e maternità ai casi in cui è consentito il riconoscimento, con ciò escludendo l’esperibilità dell’azione da parte dei figli incestuosi.
Un caro saluto.
Avv. Chiara Donadon