Situazione di conflitto familiare

 

Buongiorno,


sono padre di due figli avuti da una convivenza.
Da quando ci siamo separati otto anni fa cerco ogni anno di presentare continue bozze di accordo che regolarmente vengono bocciate dalla controparte, a nulla è valso ogni mio tentativo di avvicinarmi alle sue posizioni per avere la possibilità di ottenere un affido condiviso.
Non cerco alcuna lite e preferisco tacere alle sfuriate che ricevo dalla mia ex quando su 50km che separano Milano da Pavia ritardo 10 o 15 minuti, alle 20 del venerdì. Preferisco evitare anche ogni forma di rappresaglia a ciò che di me viene detto a loro.
Tuttavia ho subito ogni forma di torto: viaggi a vuoto perché poi non mi venivano dati, obblighi di prenderli tutte le settimane, anche con una mononucleosi, minacce dai vari fidanzati. Così valeva anche per i genitori di lei.

Da un mese la madre della mia ex compagna ha cambiato atteggiamento rivalutando ogni mia scelta operata in passato, praticamente riconoscendo la mia sofferenza. Il tutto per una questione economica che ha messo madre e figlia l’una contro l’altra. Inizialmente sono quindi stato contattato dalla "suocera" perché voleva testimoniare contro la figlia, responsabile dei peggiori addebiti. L’unico riscontro che ho è che i piccoli non hanno potuto frequentare i nonni materni per tutta l’estate, vivendo tutti nella stessa casa. Il fatto si è tradotto in giornate intere passate nel sottotetto di una villa loro attuale casa, aspettando il week end per uscire.
Sulla base di questo sono andato in vari centri ascolto ottenendo in risposta da loro che questo tipo di comportamento è una violenza nei confronti dei bambini. Finché la mia ex compagna è venuta a conoscenza del mio interessamento alla questione. Io cerco l’interesse dei bambini e la loro serenità, non ho altre compagne né voglio altri figli prima del sentire questi cresciuti ed in grado di difendersi da quanto succede loro intorno. Sono riuscito quindi a parlare con la mia ex ottenendo che almeno i piccoli fossero liberi di frequentare i nonni, ma ogni giorno vengo contattato dall’una e dall’altra parte per il semplice fatto che mi sono messo in mezzo, ognuno dice peste e corna dell’altro, ed io sono troppo distante per capire chi abbia ragione, anche se, di solito, la ragione non è mai di nessuno in questi casi.

Sta di fatto che io sono otto anni che sopporto in nome di un accordo sempre auspicato ma mai redatto e mai come oggi mi sento vicino all’esaurimento nervoso. Questo si ripercuote sul lavoro, sul mio modo di vedere le cose. Sento che perdo di umanità ogni giorno che passa.
Adesso la mia ex compagna vuole cambiare casa, perché si sente osservata e minacciata, trasferendosi a 50 Km da dove si trovano. I piccoli fanno le elementari e con me hanno un bellissimo rapporto, soffrono di pediculosi da anni ormai e io non so più che fare se non rasarli a zero con ovvio danno morale ai piccoli (una è ragazzina). Per ora faccio rimozione meccanica a oltranza.
Sono distrutto, vorrei portare fuori da questa situazione di conflitto i piccoli. Per il momento sto cercando di sfruttare la temporanea gentilezza della mia ex compagna per convincerla a redigere l’accordo una volta per tutte. A volte siamo arrivati ad un passo dal firmare, e non è ancora mai successo.

Riassumendo come la vedo, da anni la mia ex sta sfruttando il fatto che i piccoli sono da lei per vincolarmi alle sue scelte e avere supporto in quanto madre dei miei figli. Sfrutta la mia posizione legalmente svantaggiata per piegare ogni mia volontà. Ora questo sistema di pressione continua su di me in nome dei miei figli ha raggiunto proporzioni tali da farmi seriamente dubitare della mia sanità mentale. In tutta questa storia i figli sono degli strumenti.
Esiste per me una possibilità di prendere questo pacchetto di torti, questa lotta intestina, questo modo strumentale di vedere i bambini, per ribaltare la situazione e togliere ogni tutela alla madre (fra l’altro neomamma adesso) sui miei figli? Vincolando lei e la sua famiglia ad assumersi dei seri doveri nei confronti dei piccoli e del sottoscritto?
Per poter finalmente iscriverli ad una attività sportiva, farli andare a catechismo, insomma tutte quelle cose che mi sembrano normali in questo mondo. Vorrei essere io a occuparmene, evitando un affido a terzi e la mia conseguente perdita di lucidità.

Grazie mille.

Alberto

Caro Alberto,

dalla sua lettera ciò che è chiaro è la sua sofferenza ma, purtroppo, non altrettanto posso dire per la sua volontà, le sue intenzioni.
Mi pare di capire che voglia "togliere ogni tutela" alla madre, da che dovrei dedurre che vorrebbe intraprendere un’azione per ottenere l’affidamento esclusivo dei vostri figli, se non – peggio ancora- la decadenza di sua moglie dalla potestà genitoriale.
In entrambi i casi mi trovo costretta a rivolgerle una domanda (poi le darò la risposta ai suoi quesiti): è davvero convinto che così facendo farebbe del bene ai suoi figli?
Perché intraprendere una "guerra" sull’affidamento o, peggio ancora, sulla decadenza della potestà genitoriale della madre significa in primo luogo mettere in trincea i figli, i quali, però, in genere sono disarmati e vengono ripetutamente colpiti senza possibilità di difesa.
La invito quindi in primo luogo a riflettere se davvero ciò che lei vuole ottenere sia anche la soluzione migliore per i suoi figli e valga le sofferenze a cui si troverebbero inevitabilmente esposti.

Detto questo, e parlando sotto il profilo meramente giuridico, per poter ottenere la decadenza dalla potestà di un genitore è necessario che il genitore in questione violi o trascuri i doveri che derivano dalla titolarità della potestà genitoriale ovvero abusi dei relativi poteri con GRAVE pregiudizio per la prole. Solo in questi casi il giudice può decidere di emettere un provvedimento di decadenza dalla potestà genitoriale. In alcuni casi, in cui la condotta del genitore non è così grave da giustificare la decadenza, ma sia comunque pregiudizievole per il figlio, il giudice può emettere un provvedimento limitativo della potestà.
Alla luce di quanto mi racconta, non ritengo che vi siano gli estremi per nessuno di questi due tipi di provvedimento.
Sotto il profilo dell’affidamento, giova ricordare che dal 2006 la forma preferibile di affidamento della prole è quello condiviso, che quindi viene disposto di regola, salvi casi in cui si dimostri che l’affidamento all’altro genitore sia contrario all’interesse del minore. Anche in tale ambito, la valutazione circa la sussistenza della contrarietà dell’affido condiviso all’interesse della prole spetta al Tribunale e viene condotta in modo rigoroso, nell’ottica di attuare, laddove possibile, l’affidamento condiviso, espressione del principio della bigenitorialità e del diritto del minore ad intrattenere rapporti significativi con entrambi i genitori.
Poiché la vostra separazione risale ad epoca anteriore all’entrata in vigore della L. 54/2006 e che quindi il tribunale potrebbe accogliere una richiesta, anche unilaterale, di modifica delle condizioni relative all’affido esclusivo, in favore di un affidamento condiviso, lei ben potrà adire il Tribunale che ha pronunciato la separazione nelle forme previste dall’art. 710 cpc.
Con le stesse modalità potrebbe invero formulare la domanda di affidamento esclusivo in suo favore della prole, adducendo fatti che possano dimostrare la contrarietà all’interesse dei minori dell’affidamento anche all’altro genitore, anche se tali fatti non solo devono essere dimostrati ma devono essere tali, e di tale rilevanza e gravità, da rendere l’altro genitore "inidoneo" all’esercizio della potestà genitorale. Nemmeno l’alta conflittualità tra i genitori è elemento di per sé sufficiente ad escludere l’affido condiviso.
Pertanto la invito alla riflessione di cui sopra e le consiglio di consultare un avvocato al fine di scegliere la via più opportuna per la tutela dei suoi diritti e, prima e soprattutto, di quelli dei suoi figli.

Buona fortuna.

Avv. Chiara Donadon

 
 
 

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