Gelosia del fratellino

 

Salve Gentile Dottoressa,

le chiedo un aiuto su come gestire il mio primo figlio di 4 anni. La gelosia nei confronti del fratellino di un anno non si sta placando e questo lo capisco bene, ma non so come comportarmi: se il piccolo si avvicina a lui lo spinge, gli strappa via i giochi e certe volte (raramente per fortuna) lo picchia perché gli ha rotto un gioco.

Io non faccio altro che riprenderlo in queste occasioni e dirgli che non si fa e se esagera lo mando in punizione per qualche minuto nella sua camera, ma non sortisco alcun effetto perché dopo ricomincia daccapo.

Il risultato è che lo sto sempre sgridando, prendendo le difese del piccolino e questo aumenta la sua gelosia! Lo capisco, ma come fare altrimenti? Devo ignorarlo quando spinge il fratellino? Lui sa bene che non deve farlo.

Anche quando "gioca" con lui in realtà è sempre un gioco volto a far del male al piccolo, insomma è proprio geloso!

Altro problema sono i capricci: la mattina ad esempio si alza con difficoltà e non vuole mangiare, vestirsi o lavarsi, fino a quando io, presa dalla fretta, purtroppo perdo la pazienza e finiamo per litigare. Come faccio a farmi ascoltare? D’altronde non posso ignorarlo quando la mattina bisogna uscire per andare al lavoro, mica posso lasciarlo in pigiama a casa!

Lo so, ci vuole molta pazienza ed io non sempre riesco a tenere la calma, ma non trovo soluzioni alternative, mi sfiancano i suoi continui rifiuti! Inizio sempre con calma facendolo ragionare, poi finisco per essere decisa e gli dico che si fa così e basta, se poi continua ancora, capita che perdo la pazienza e urlo. Come uscirne?

La ringrazio.

Gentile mamma,

qui ci vuole un cambiamento di rappresentazione mentale suo, che influenzerà ciò che suo figlio pensa di se stesso, come si vede nei confronti del fratellino, e dunque come di conseguenza agisce. Se lei continua a pensare al maggiore come ad un bimbo geloso, potenzialmente pericoloso per il lattante, aggressivo, manesco, da allontanare, suo figlio costruirà un immagine di sé congruente con questa rappresentazione.

Una teoria sull’identità molto nota ed assodata è quella del lookign-glass self di Cooley, ovvero "noi siamo ciò che gli altri ci rispecchiano di noi". Un corollario di questa teoria è che per modificare l’identità degli altri, basta che noi li pensiamo diversi. Ciò vale soprattutto per individui in evoluzione come i bambini, specialmente se a pensarli sono i genitori. Se lei modifica questa immagine per una più positiva ed inizia a pensare a suo figlio come ad un alleato, ad un piccolo-grande ometto che può aiutarla, con cui condividere le gioie ed anche il peso di gestire un "poppante", se lo farà vicino, alleato, complice. Suo figlio a sua volta, sentendosi complice, lo diventerà davvero. Basta punizioni, basta allontanarlo.

Inizi invece a responsabilizzarlo, a dargli incarichi da grande, compitini, mansioni. E in presenza di schiaffi, sia comprensiva, gli dica chiaramente che è vero, i piccolini "rompono le scatole" e non sanno giocare bene, ma che se gli si insegna, in poco tempo diventeranno compagni di giochi eccellenti.

Stesso discorso vale per il mattino: passare da urla e rimproveri a battute, scherzi, sfide di velocità e giochetti vari fa davvero cambiare la percezione generale di un momento forse un po’ critico per tutti come quello del risveglio.

Cordiali saluti, Chiara Rizzello

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