Da “4 chiacchiere col pediatra” di Tommaso Montini ed. Franco Angeli
Un tempo lo svezzamento era “cosa di nonne” ma negli ultimi 30 anni i pediatri e le industrie hanno preso il loro posto.
Per mangiare serve il diploma di una scuola di nutrizione!
I consigli saggi dell’esperienza sono diventati prescrizioni “della scienza” su carta intestata.
Giusto? Sbagliato? Si dibatte.
Le evidenze recenti però danno la rivincita alle nonne e anche la scienza sembra oggi rivalutare quello che per secoli hanno fatto loro.
Provo a raccontarlo.
La natura ha pensato al latte materno come assolutamente sufficiente anche fino ad un anno e il primo dentino erompe, in media, intorno al sesto settimo mese, come segno che qualcosa è cambiato nelle capacità digestive del bambino.
Già al quarto quinto mese però l’intestino del bambino è maturo come il nostro, ed è in grado di digerire gli stessi alimenti che mangiamo noi!
E allora: Quando iniziare a svezzare il bambino?
I pediatri hanno prescritto negli anni varie date: quarto, quinto, sesto mese o anche oltre in qualche caso, ma il bambino “decide” da solo.
Lo fa intorno al sesto mese.
A questa età, infatti, si interessa molto a quello che i genitori fanno a tavola: allunga le mani, vuole prendere, e fa di tutto per portare alla bocca ciò che loro hanno nel piatto.
“Dottore non possiamo mangiare davanti a lui! Si eccita come “un pazzo” e non riusciamo a tenerlo!”
In che consiste “lo svezzamento”? Sostanzialmente nel “non tenerlo!” e giocare con lui.
Se lo chiede, fargli provare quello che mangiano i grandi, frullandolo o sminuzzandolo durante il loro pasto, e continuare ad allattarlo come sempre, al solito orario.
“Far provare… Tutto?” “Tutto”. “Ma anche l’olio fritto? Ma anche l’uovo? Ma anche la salsa al pomodoro?” “Tutto”. Fine. Non c’è molto altro da spiegare, le nonne facevano più o meno così.
Perché anche la scienza sembra oggi dar ragione alle nonne?
Per molto tempo i pilastri dello svezzamento sono stati due:
- La gradualità “ogni alimento nuovo va inserito da solo ecc…”
- La prudenza verso gli alimenti più allergizzanti ritardando la loro introduzione “Mi raccomando!” Il pesce dopo l’ottavo mese, l’uovo dopo l’anno ecc…”
Capitava però che nonostante queste attenzioni i bambini manifestassero allergie verso alimenti che non avevano mai mangiato e non era chiaro quando si fossero sensibilizzati. Come spiegarlo?
Nella polvere di tutte le case, in particolare nelle cucine, sono presenti grandi quantità di allergeni alimentari forti.
Ci sono le proteine del latte vaccino, quelle dell’uovo, quelle del pesce e, a Napoli, anche quelle del ragù! Il bambino le incontra anche solo soggiornando in casa!
Sulle labbra della mamma e dei fratellini, inoltre, dopo mangiato, restano grandi quantità di proteine del pasto appena terminato: attraverso i baci (speriamo tanti!), ancora una volta, il bambino incontra quelle sostanze senza volerlo!
Dopo mangiato inoltre molti allergeni alimentari vengono emessi con il respiro e il bambino può inalare antigeni emessi con il respiro dei grandi.
Non basta!
Quando si cucina, l’odore della “frittata” o della “bolognese” è fatto anche di componenti volatili di questi alimenti: ancora una volta il bambino li inala mentre la mamma prepara…
Oggi sappiamo che quando gli allergeni alimentari incontrano il sistema immunitario attraverso la via cutanea o quella inalatoria è più facile una sensibilizzazione allergica. Questa può rafforzarsi con il tempo e scatenare reazioni, anche importanti, quando quella sostanza sarà ingerita, tardi, anche per la prima volta!
Se la cute è irritata o ha difetti di permeabilità, come succede, ad esempio, quando è presente una dermatite atopica, il rischio è enormemente maggiore!
Nell’intestino, invece, le proteine alimentari incontrano cellule del sistema immunitario che interagendo con varie sostanze modulatrici della risposta immune, le citochine, “lavorano” per favorirne una tolleranza.
Anche il latte materno e anche la saliva della mamma sono ricchi di queste sostanze, e hanno in questo processo un ruolo importante.
L’intestino è un organo che per sua natura gestisce un “mondo esterno che entra in uno interno”.
Il “trucco” per ridurre reazioni è dunque arrivare all’incontro con l’allergene alimentare attraverso l’intestino (tenendo però conto della sua maturazione), insieme al latte materno, prima della cute o dell’albero respiratorio!
Il periodo intorno al sesto mese, inoltre, è come un momento “magico”.
Rappresenta, infatti, una specie di “finestra immunologica” durante la quale è più facile acquisire tolleranze verso gli alimenti. Un “tempo speciale” pensato dalla natura, da non far sfuggire!
E allora, gradualità e ritardo di introduzione di allergeni non sembrano più avere un senso! Piuttosto che “pasti controllati”, meglio “assaggi per indurre tolleranze” e un lasciar fare alla natura fino ai pasti veri che sono guidati dal gusto e dalla progressiva maturazione.
Questo il substrato “scientifico”.
Vediamo però ora nel dettaglio come facevano le nonne, che mettevano in pratica questi principi senza nemmeno saperlo!
Ecco i “loro” consigli che sono stati ribattezzati dai dottori come “alimentazione complementare” “autosvezzamento” o altre definizioni più altisonanti:
- State allattando? Continuate senza cambiare nulla e “dimenticate” lo svezzamento. L’unica differenza tra un “prima” e un “dopo” è tenere il bambino vicino a voi quando mangiate.
- Cosa? Tutto quello che avete cucinato per vostro marito che torna da lavoro o quello che lui ha cucinato per voi che tornate dal vostro.
- Se il bambino mette le mani nel vostro piatto divertitevi e giocate: con un frullino sminuzzate quello che avete davanti e fateglielo assaggiare. Ne chiede ancora, dategliene.
- Vuole provare qualcosa di diverso? Bene! Lui chiede, voi date; mai viceversa. Sarà un gioco.
- Non ci sono “quantità” da somministrare ma solo “assaggi”. A pranzo e cena.
- Dopo il “vostro” pasto il bambino prenderà il suo latte, come sempre: “Ma come? Il latte dopo mangiato? Si, il bambino avrà fatto “assaggi” e il latte materno sarà un ottimo “digestivo” (modulando il “lavoro” dell’intestino su quegli assaggi!).
Con il tempo il “gioco” piacerà sempre di più e gli “assaggi” saranno sempre più sostanziosi. Quando sarete costretti a ripreparare di nuovo qualcosa per voi, perché il bambino avrà mangiato tutto il vostro piatto, probabilmente il latte “dopo pasto” sarà rifiutato.
Sarà meglio, a questo punto, mettere un posto a tavola anche per lui: lo avete svezzato!
Possibile svezzare il bambino senza pappe? Senza brodo vegetale? Senza liofilizzati od omogeneizzati? Senza “vasetti” di frutta?
Possibile, anzi assolutamente consigliato. Indipendentemente dal risparmio economico, che vi assicuro, è notevole, questo modo di fare ha dei vantaggi non riproducibili:
- Il bambino mangia a tavola con i genitori e non ha una persona (o più persone) dedicate a lui per mangiare (niente cabaret, aereoplanini che volano, bastimenti carichi di… eccetera)
- Tutto si svolge con estrema naturalezza: è il bambino che chiede di mangiare e lo fa con semplicità, perché è attratto dall’imitazione dei genitori
- Il piccolo ospite a tavola riesce a far spegnere la televisione (miracolo!) e a far fare una esperienza di “famiglia”
- I genitori, costretti a condividere il loro pasto con quello del bambino, “devono” mangiare meglio. Pasti equilibrati, senza fretta, seduti a tavola. Tutto quello che fa male a loro, infatti, ovviamente fa male anche al bambino quindi…
Nella notte dei tempi funzionava circa allo stesso modo: l’uomo andava a caccia e portava la preda. Questa veniva preparata dalla mamma che poi la masticava e la dava in bocca al suo bambino (ricca di citochine modulatrici della risposta immunitaria).
Fa un po’ “schifo” oggi e, “per carità”, non sto consigliando di farlo! Ma uno stesso cucchiaio tra mamma e bambino non mi sembra una cosa igienicamente orripilante.
Il pasto, il vostro, dovrebbe sempre essere completo: cioè con carboidrati, proteine, grassi, fibre ecc… quindi con primo, secondo, contorno, condimento e frutta!
Per questo il vostro bambino “vi svezzerà” bene!
Sarete infatti “costretti” a mangiare con calma e non di corsa: primo secondo e frutta e non un “panino al volo”.
Lui vi farà “parlare” a tavola, vi farà sorridere e guardare negli occhi… sarà capace di farvi spegnere la televisione…
Non smettete mai di “farvi svezzare” dal vostro bambino!
Le quantità le deciderà lui. I bambini, infatti, si auto regolano perfettamente: quando sono sazi non ne vogliono più e non bisogna insistere, come non bisogna fermarsi se vogliono ancora qualcosa.
Mangiare tutto vuol dire mangiare sano.
Cosa non devono mangiare i bambini?
Sarebbe ovvio, ma è meglio dirlo: il vino e gli alcolici (“gli abbiamo fatto assaggiare lo champagne alla festa di compleanno…!), i frutti di mare, i cibi piccanti, la cioccolata, la coca cola, il caffè…
“Voci” dal mio studio: «Dottore, abbiamo fatto “quasi” come ci ha consigliato lei, ma abbiamo pensato di fare… qualche modifica: ieri brodo vegetale per tutti! Il bambino ne ha mangiato un bel po’, ma poi… ha vomitato tutto!»
«Dottore, stiamo mangiando tutti senza pomodoro, con olio crudo e carne bianca… Quando possiamo mangiare qualcos’altro?»
Forse le paure da superare sono ancora molte, ma… “Pappette”?… roba da vecchietti sdentati!
Coraggio! Cosa si mangia di buono oggi?