Buongiorno,
scrivo qui e non alla psicologa, nonostante il dubbio me lo ponga su come trattare il carattere di mio figlio, perché mi sembra che sia un problema più educativo che psicologico.
Il mio primogenito (cinque anni e mezzo) ha accettato l’arrivo del secondo (due anni e mezzo) in modo abbastanza buono.
Qualche dispetto, qualche richiesta di attenzioni in più, ma ha prevalso il suo carattere tenero e ha sempre coccolato il fratello.
Ora man mano che il secondogenito cresce e comincia a fare progressi, vedo una grandissima rivalità tra i fratelli, o meglio, il grande soffre molto dei progressi del piccolo.
Non tollera che il fratellino non abbia paura dell’acqua (lui ne ha), soffre che il piccolo si stia spannolinando (lui soffre di enuresi notturna), soffre per qualsiasi complimento o gratificazione faccia al piccolo, si mortifica che il piccolo cerchi di vestirsi da solo (lui ancora amerebbe essere vestito da me, se sono disponibile, pur essendo pienamente autonomo) e via dicendo.
Eppure io questo piccolo lo devo elogiare e spronare, visto che a sua volta ha un carattere più "pestifero/problematico" e quindi va incoraggiato nei suoi comportamenti positivi, se non altro con la dimostrazione mia di gioia per le sue conquiste.
Come posso fare? Con gli anni le abilitaà si faranno sempre più simili (o meglio, le cose in cui sono entrambi autonomi saranno le stesse) e quindi vorrei riuscire a far capire al primogenito che non sono in gara, che se suo fratello sa fare le cose come lui non "perde" niente.
Non menziono neanche il fatto che il padre, senza cattive intenzioni, ci scherza su questa competizione, acuendola… una volta compreso quale sia il corretto comportamento vedrò di farlo seguire anche a lui! 🙂
Grazie in anticipo della risposta, Lavinia
Cara Lavinia,
credo che l’idea cardine su cui continuare a lavorare con i suoi figli (adesso solo col maggiore, ma tra poco anche con il minore) sia proprio quella che lei esprime, ossia che tre anni di differenza, se potevano essere tanti alla nascita del fratellino, più passa il tempo e più sono pochi. Il grande arriverà a fare prima alcune cose, ma non potrà primeggiare in tutto, vuoi perché c’è poca differenza d’età, vuoi perché ognuno ha i suoi punti forti ed i suoi punti deboli.
L’idea della competizione dovrebbe far posto all’idea di una squadra in cui ciascuno è bravo e specialista in certe cose. Adesso la squadra è la vostra famiglia, ma la vera famiglia per la vita, saranno i due fratelli. C’è quindi da gioire se il fratellino impara bene, anche perché, lo dicono tutti (ed è verissimo!) i secondogeniti imparano non tanto guardando i genitori ma i fratelli più grandi. Dunque il merito dei progressi del piccolo è anche del grande senz’altro.
In questo modo quindi anche il fratellone si sentirà orgoglioso e gratificato per quante cose impara quello che per lui prima era un rivale.
Un po’ di rivalità resterà sempre, è sana. Ma la solidarietà, il fare squadra per la vita, questo è davvero un sentimento da far loro imparare.
Cari saluti, Chiara Rizzello